Storia di un fantasma

A Ghost story (regia di David Lowery 2017) narra una storia d’amore da un originale punto di vista: quello di un morto che resta intrappolato nella casa dove ha vissuto con la sua donna.

La loro è stata una vita serena finché non è sopraggiunto l’incidente stradale che strappa il giovane alla vita.

Il suo è un non-tempo, un imbuto spazio-temporale, un ingorgo della coscienza che è rimasta avviluppata dentro un’unica ossessione: l’amore verso la ragazza.

Per enfatizzare il tempo sospeso del ragazzo il regista trova il coraggio di rivisitare il topos del fantasma avvolto del lenzuolo, trasformandolo in una potente e visionaria metafora della solitudine e dell’abbandono. Il fantasma bianco è fotografato dentro scene statiche, dentro piani sequenza opprimenti e dolorosi che amplificano il senso enigmatico dell’esistenza, per il dolore delle cose lasciate in sospeso, per l’amore che è sempre un oltre che non riusciamo a visitare.

Il tempo del ragazzo fantasma è un corto circuito della mente, la casa dove è intrappolato si popola di altri inquilini, mentre la ragazza è andata via lasciando solo un bigliettino dentro una piccola crepa nel muro. Quella è la sua traccia, e lui ossessivamente vorrebbe avere tra le mani quel foglietto, solo quello è il motivo del suo limbo. Le immagini si sovrappongono, feste, quotidianità e noi non abbiamo la minima possibilità di capire quanto tempo sia passato, lei è altrove, viva solo nel bigliettino nascosto.

Il limbo del fantasma lo porta a visitare tempi e luoghi passati, le morte stagioni, senza alcuna logica  ma con una perfetta coerenza narrativa. Il lenzuolo è ormai sporco, per i luoghi visitati, e il bianco lordato rappresenta la pena muta che lui prova per ciò che vede: una famiglia assassinata dagli indiani, un palazzo di vetro pieno di uffici dove tutti sono impegnati in un fervore lavorativo che la stessa presenza del fantasma svuota di ogni significato. È un passato, presente e futuro che coesiste nello stesso punto e che lo riporta da dove è venuto, all’amore che lo ha generato come fantasma. Ammetto che il film mi ha destabilizzato, perché, nonostante la narrazione scarnificata, anzi forse proprio grazie a essa, ha toccato corde profonde, emozionandomi.