La non-essenza ed il tempo

A GHOST STORY (2017) di DAVID LOWERY

Un fogliettino incastrato in una fessura di un muro…..una casa che verrà abbandonata…poi distrutta…..la prova della vita trascorsa lì dentro e la testimonianza di un amore annientato, una mattina, in un incidente.

Lei, viva, affranta, sconvolta, Lui, morto, ma ancora presente su questa terra solamente coperto da un lenzuolo bianco. La classica rappresentazione del fantasma, ma anche quella più enigmatica. Il non vivente non visibile agli altri, neanche nelle sue espressioni.

Allora, ci chiediamo. Cosa fa. Soffre? Piange? E’ sereno? Arrabbiato? Quali sono le sue emozioni? E soprattutto…cosa pensa?

“Ghost Story” è prima di tutto la storia di un dramma che rappresenta due mondi che la morte ha separato ma che lo spettatore vede ancora insieme. Tuttavia vede lo spigionarsi del dolore di una sola delle due parti, mentre del secondo (valore aggiunto dell’opera) può solo immaginarlo secondo la propria sensibilità. Non può fare altro.

Ma Ghost Story è anche un viaggio nel tempo, non più progressivo, unicamente alla ricerca di quello che l’uomo è stato o che sarà in un determinato luogo. Senza confini temporali e geografici.

E’ un viaggio in un altro bigliettino nascosto e forse non più trovato. Perché, come viene detto nell’unico stupendo monologo, noi veniamo dal nulla ed andiamo verso il niente, e resta solo la memoria (finchè resta) di quello che siamo stati.