Anime nere (Italia, Francia, 2014). Regia: Francesco Munzi. Interpreti principali: Peppino Mazzotta, Marco Leonardi, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Giuseppe Fumo, Barbora Bobuľová, Aurora Quattrocchi, Paola Lavini, Manuela Ventura, Domenico Centamore

Il film racconta le vicende di tre fratelli: Luigi è dedito al traffico internazionale di droga. Ha lasciato la Calabria per operare a livello internazionale, stringendo alleanze con i grandi cartelli sudamericani ma mantenendo tuttavia un istinto al sospetto e alla reazione immediata che fino ad ora gli ha consentito di sopravvivere ed arricchirsi. Rocco invece è riflessivo: ha fatto fortuna riciclando i proventi delle attività criminali del fratello e vive a Milano in un appartamento arredato con gusto; elegante e misurato quanto Luigi è primordiale ed impulsivo, ha il tratto dell’intellettuale, un linguaggio forbito, una figlia piccola e un’esistenza rassicurante. Luciano infine è il primogenito e ha deciso di restare a vivere al suo paese in Calabria facendo il pastore e cercando di rimanere estraneo al circuito criminale che coinvolge, con modalità differenti, i fratelli minori. Nella sua vecchia casa custodisce come reliquie le foto del padre, ucciso in un regolamento di conti insieme a un quarto fratello, ancora bambino, e i ritagli di giornale che raccontano quel lontano fatto di sangue.

Anche le donne dei tre fratelli sono una continuazione del loro modo di essere: prostitute occasionali per Luigi, una donna alta e di classe per Rocco, una mater dolorosa dal viso sofferente e dalla vita ingrata per Luciano.

L’innesto della vicenda è un colpo di testa di Leo, il figlio irrequieto che Luciano prova invano a ricondurre alla ragione, che ha lasciato la scuola e aspira a diventare un boss come lo zio. Dopo aver distrutto a fucilate con un complice la vetrata di un bar del paese, il cui proprietario è affiliato ai Barreca, la famiglia rivale dei tre fratelli, parte per Milano e raggiunge Luigi.

Mentre Luciano viene redarguito dal boss rivale, che pretende le scuse del ragazzo, Luigi esclude ogni possibilità di pace e scende al paese con un carico di droga da offrire a un altro clan per farsi aiutare ad eliminare i Barreca. Durante il viaggio, su un’auto dal valore proibitivo per ogni onesto lavoratore, si ferma insieme ai suoi sgherri a rubare due capre in un ovile, per portarle a casa e sgozzarle in un rito ancestrale. Anche se potrebbe affittare un intero ristorante qualcosa lo spinge a un reato primitivo come l’abigeato, una pulsione che va al di là di potere e denaro, uno spazio atavico in cui si sente a casa.

Durante il pranzo della domenica, organizzato per suggellare l’alleanza delle due famiglie contro coloro che, decenni prima, avevano ucciso il padre, Leo viene presentato alla nipote dell’altro boss. Ma Leo non è interessato a storie d’amore, lui vuole già ora precorrere i tempi, usare le armi, fuggire dal paese e intraprendere la sua carriera criminale. Così quando Luigi viene ucciso una notte nel centro del paese, non ci pensa due volte a organizzare la vendetta.

Rocco, smessi i panni del milanese di successo, torna in quelli del fratello offeso che deve lavare il sangue con altro sangue. Mentre discute con i suoi affiliati la strategia da utilizzare cerca di dissuadere Leo ad agire d’impeto, invitandolo ad aspettare a fare qualsiasi cosa: ma Leo ha già deciso e si muoverà senza chiedere il permesso a nessuno.

Quando l’esito di questa iniziativa diventerà chiaro a tutti, in una sorta di trance tra incredulità e follia Luciano decide di cancellare il passato, bruciando le foto del padre e tutti i simboli di una guerra latente che da decenni cova sotto la cenere del tempo. Luciano vuole chiudere il cerchio nell’unico modo possibile, in un modo che per tutta la vita ha provato ad evitare, ma che gli è rimasto scritto addosso con un inchiostro indelebile.

Tratto da un romanzo di Gioacchino Criaco, scrittore calabrese che ha collaborato alla sceneggiatura, il film va oltre la solita storia criminale per entrare nel territorio apparentemente infrangibile di riti tribali, tradizioni secolari, vendette che nessun pastore, di pecore o di anime, riesce a interrompere. Un film potente che si nutre di sangue, attraversa i tratturi e le fiumare di una terra aspra dove le istituzioni (la Chiesa e lo Stato) sono presenti solo con i simulacri delle proprie insegne (crocefissi e mostrine) e delle proprie cerimonie (omelie e interrogatori). Simboli che poco pesano, e nulla valgono, quando sono al cospetto di un sistema di valori antico quanto queste terre di miseria ed emigrazione.

Una storia di oggi che potrebbe appartenere a 50 o 100 anni prima, con la stessa cultura, la stessa pretesa di rispetto, lo stesso ego da proteggere in ogni modo possibile, anche a costo di perdere la propria famiglia.