Riporto in questo post un brano tratto dal bellissimo libro di Erik K. Kandel “L’età dell’inconscio”. Il libro racconta la scoperta dell’inconscio non solo tramite i testi di Freud, ma anche di altri illustri viennesi tra i quali Arthur Schnitzler, Gustav Klimt, Oskar Kokoschka e Egon Schiele, avvenuta in quel periodo fecondo che va dalla fine dell’ottocento agli anni 20 del diciannovesimo secolo. Ne consiglio vivamente la lettura.

 Schnitzler iniziò la sua vita professionale come medico e non come scrittore. Nacque a Vienna nel 1862 da genitori ebrei. Schnitzler si iscrisse alla Scuola di medicina nel 1879 e si laureò nel 1885. Gli anni in cui Schnitzler frequentò l’università coincisero sostanzialmente con quelli di Freud.

 I sogni e l’ipnosi avevano esercitato un notevole fascino su Schnitzler. Aveva lavorato come assistente di Jean-Martin Charcot e la sua tesi di laurea verteva sull’ipnosi, che usava nella pratica medica per curare i pazienti che avevano perso la voce, una patologia nota come afonia. Freud apprezzava molto il lavoro di Schnitzler, tanto da citarlo nel caso clinico di Dora del 1905.

Dopo la morte del padre, Schnitzler lasciò la medicina e si dedicò esclusivamente alla letteratura.

Così come Freud divenne il leader del movimento psicoanalitico e Klimt il leader dei pittori modernisti austriaci, Schnitzler divenne il centro del movimento di avanguardia letteraria chiamato Jung Wien (giovane Vienna). Come medico, Schnitzler, analogamente a Freud, era consapevole dell’attrattiva letteraria degli studi sui casi clinici. Si rendeva conto che nel raccontare la storia medica di un paziente, il medico compie un’opera letteraria, un’opera che dipende dalla storia del paziente ma anche da come il medico la interpreta.

Schnitzler fu influenzato dal lavoro di Freud, specialmente da L’interpretazione dei sogni, come è evidente nel suo racconto scritto nel 1925 Doppio sogno(Traumnovelle). Il racconto – divenuto alcuni anni fa un film: Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick – descrive l’improvviso rivelarsi e l’incerto aggiustarsi del matrimonio di una giovane coppia, quella del medico viennese Fridolin e di sua maglie Albertine, nell’arco di due notti. Per rendere confusi i confini tra i desideri dei due e gli eventi del giorno, Schnitzler esplora gli spazi liminali tra sogni, fantasia e realtà. L’iniziale allontanarsi dei due membri della coppia si innesca quando Fridolin e Albertine si confessano reciprocamente l’innocua attrazione provata per degli sconosciuti a un ballo mascherato al quale entrambi hanno partecipato. Le loro confessioni sono seguite dal racconto di sogni nei quali tutti e due hanno pensato di tradire il coniuge.

Venire a conoscenza del fatto che la moglie ha una vita erotica interiore offende Fridolin, che pure ha ammesso di averne una egli stesso. Una casa d’appuntamento in città gli offre l’opportunità di vendicarsi dell’infedeltà emotiva, solo fantasticata dalla moglie, e di ripristinare la sensazione di essere desiderato. Si imbarca in una squallida avventura sessuale – dalla tentazione contrastata di svariate donne a un’orgia segreta in maschera – che con il trascorrere della notte va assumendo una dimensione sempre più onirica e surreale. Quando alla fine ritorna a casa, Albertine gli confessa di aver fatto un sogno erotico nel quale faceva sesso con l’ufficiale di marina incontrato in occasione della loro ultima vacanza. Questa volta il sogno di Albertine è collegato all’aspro risentimento di Fridolin, che, unito alla gelosia, spinge l’uomo a un interrogatorio finale. Quindi, è solo attraverso il sogno che Albertine può liberarsi dell’insensibilità del marito e dare libero sfogo ai suoi desideri inconsci. Ma Fridolin può fare di più che sognare: può mettere in pratica le sue fantasie e agire fuori dal sogno nel mondo esterno.

I sogni svolgono un ruolo sia terapeutico sia distruttivo nelle opere di Schnitzler, portando alla luce la vita psichica del suo personaggio, come fa il suo dialogo interiore. Il facile dispiegarsi del desiderio erotico nel paesaggio del sogno dimostra che Schnitzler comprese l’analisi di Freud sul lavoro onirico, ossia che i sogni incorporano ciò che rimane degli eventi quotidiani e lo combinano con le pulsioni istintuali che vorrebbero essere soddisfatte, ma che vengono represse perché socialmente inaccettabili.

I sentimenti di affinità di Freud sembrano sconfinare nella rivalità. In un’interessante lettera datata 14 maggio 1922, alla viglia del sessantesimo compleanno di Schnitzler, Freud gli scrisse:

La confesserò invece una cosa che La prego di voler cortesemente tenere per sé […] Mi son chiesto tormentosamente come mai in tutti questi anni io non ho mai cercato la Sua compagnia […] Penso di averLa evitata per una specie di timore di incontrare un mio “sosia” […] il Suo determinismo e il Suo scetticismo […] la Sua profonda comprensione delle verità dell’inconscio e della natura biologica dell’uomo […] e la Sua vastità di pensiero nell’abbracciare l’antitesi di amore e morte, suscitano in me il senso fantastico di qualcosa di familiare. Perciò è sorta in me l’impressione che Lei conosca intuitivamente (in realtà in seguito a una fine auto-osservazione) tutto quello che io ho scoperto negli altri grazie a un faticoso lavoro. Credo che Lei sia soprattutto un esploratore in profondità.

 

Tra i due esploratori dell’inconscio, Schnitzler si sarebbe dimostrato il miglior “psicologo del profondo” delle donne.

 

In un post successivo vorrei proporre un’analisi dettagliata del film Eyes Wide Shut di Kubrick tratto proprio dal romando di Arthur Schnitzler.

 

Bibliografia

 

Erik K. Kandel (2012) L’età dell’inconscio. Raffaello Cortina, Milano.