Bangla (Italia, 2019). Regia: Phaim Bhuiyan. Interpreti principali: Phaim Bhuiyan, Carlotta Antonelli, Simone Liberati, Pietro Sermonti, Milena Mancini, Alessia Giuliani.
Phaim è nato a Roma da una famiglia originaria del Bangladesh. Si definisce 50% Bangla, 50% Italia e 100% Torpigna, quartiere multietnico di Roma est, dove con i suoi: padre, madre e sorella in procinto di sposarsi con un coetaneo bengalese. Ha 22 anni, è musulmano praticante, lavora come custode in un museo e la sera suona con alcuni amici nel suo gruppo Moon Star Studio. Tra i suoi punti di riferimento, oltre alla musica e all’imam della moschea, anche Matteo, un piccolo spacciatore con cui si confronta sulle grandi verità della vita. Una sera, in occasione dell’esibizione del suo gruppo in un locale, incontra Asia, una ragazza romana tanto esuberante ed espansiva quanto lui è timido e riservato, e tra i due scatta una scintilla.

I dettami dell’islam che proibiscono di fare sesso sono un grosso problema e la scena iniziale, tra sogno e realtà, fa ben comprendere a quali cortocircuiti ormonali possano condurre determinate prescrizioni religiose. Oltre a questa, sarà anche un’altra la scelta che Phaim si troverà davanti: quella tra seguire la propria famiglia che sta per trasferirsi a Londra, in cerca di miglior fortuna, oppure rimanere a Roma, con gli amici e il proprio amore.
L’incontro tra due realtà distanti come Italia e Bangladesh, riunite nella quotidianità di un quartiere della Capitale, rimane sullo sfondo, sfiorato solamente durante un’occasione conviviale da alcuni adulti, ottimisti e di sinistra, che discettano su ius soli e immigrazione, e dalle affermazioni di una madre molto tradizionalista.

La realtà di un ventenne di oggi viene descritta soprattutto con le difficoltà nell’affrontare il mistero profondo che alberga nelle relazioni uomo-donna: nemmeno per un momento emerge come tematica la differenza di etnia, di tradizioni, di culture, ma solo quella di due caratteri difficilmente conciliabili.
E’ forse il primo film diretto e interpretato da un italiano di seconda generazione, che si è formato nel mondo degli youtuber facendosi strada con impegno, determinazione e un mondo intero da raccontare. E nell’urgenza del racconto la questione politica resta ai margini. Noi siamo qui e intanto vogliamo vivere, sembra dire Phaim insieme ai suoi amici, senza aspettare che la politica prenda atto che già un’intera rivoluzione sociale e culturale ha avuto luogo sotto i suoi occhi. Il mondo della street art, che lo accompagna dai muri del quartiere, prende il sole e la pioggia, invecchia come le persone, e sembra raccontare che la vita è qui e ora, non l’attesa di altri tempi e luoghi che un ente esterno dovrebbe costruire per noi. “Prendiamoci la città”, uno degli slogan del Sessantotto, viene così declinato con una voce più intima, riflessiva, e l’ironia profonda che forse solo la romanità sa costruire.
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