Sei “Bellissima” è la trasformazione consapevole che nasce dall’ascolto
Sentire, ascoltare, apparire, mostrare. Questa l’immediatezza emotiva della pellicola vincitrice per il miglior cortometraggio ai David 2016 per la regia di Alessandro Capitani, di cui è anche sceneggiatore insieme a Pina Turco. Un cortometraggio con una fluida descrizione narrativa, una fotografia generosa capace di far immergere immediatamente lo spettatore nella realtà, con un linguaggio, dialoghi e pause che ne dettano il ritmo e sottolineano lo spazio tra marginalità ed emarginazione.
È sabato sera, discoteca partenopea. Veronica interpretata da Giusy Lodi, in un pianto disperato per aver subito un scherno da un ragazzo per il suo aspetto fisico, si rinchiude nel bagno degli uomini. Un pianto che fa eco su Diego (Emanuele Vicorito) che con i suoi amici si ritrova proprio lì per assumere cocaina.
Diego inizia un dialogo con Veronica attraverso la parete del bagno: non si vedono, si descrivono, diversamente da come sono. Il protagonista maschile evidenzia la sua potenza e la sua forza fisica, con cui potrebbe picchiare il ragazzo che l’ha offesa – sono come Brad Pitt in Fight Club-; Veronica racconta il suo aspetto fisico opposto al suo sovrappeso, al colore dei suoi occhi e dei suoi capelli.
Diego insiste affinché lei esca dal bagno, probabilmente per svoltare il sabato sera; Veronica è reticente, cerca di sottrarsi all’insistenza dell’invito, ma poi si autoconvince sussurrandosi un incoraggiamento tra lei e la parete del bagno.
Uscendo si trova di fronte vari ragazzi, tra i quali uno già presente dalle prime battute di conversazione tra Diego e Veronica, – fa schifo, non guardare– . Tutti guardano, invece, Veronica che cerca di riconoscere Diego. Lui vedendola, si defila. Fanno lo stesso tutti gli altri ragazzi. Vanno via tutti tranne quello a cui era stato intimato di non guardare. I due si vedono e si sorridono.
“Bellissima” è raccontarsi da dietro una parete. È ascolto stereofonico, immaginandosi. Gli interlocutori parlandosi, non vedendosi, si conoscono. È lo spazio, comunque inclusivo, tra marginalità ed emarginazione. È la quotidianità della relazione con l’aspetto fisico, la dicotomia tra l’apparire e mostrarsi: pensarsi diversi, sapersi adeguati nel mostrarsi.
“Bellissima” è il racconto in undici minuti di noi stessi- a- noi stessi all’interno di quattro mura. La parete che divide, che separa è metafora dei profili social dove spesso ogni immagine è filtrata, ogni parola e pensiero è schermato, dove il sentiment varia, si adegua e si trasforma a colpi di likes. La “parete” separa, divide, ma è ancora il dialogo reale, la presa di coscienza di chi abbiamo di fronte con la sua fisicità a determinare le re-azioni.
Con “Bellissima” si è di fronte a se stessi con una fisicità non rispondente ai canoni odierni.
Sentirsi “Bellissima” è un atto di consapevolezza, una presa di coscienza individuale che emargina il pensiero collettivo: quello su come devi essere, e di come sei per non essere marginale.
Sei “Bellissima”. Sei “Bellissima”. E’ l’auto-incoraggiamento ripetuto da Veronica nel finale, che oltrepassa la fisicità. Una trasformazione consapevole che è anche una trasmigrazione dell’anima, che traspare nel fermo immagine finale del volto di Veronica.
premi e festival:
- Italian Film Festival USA 2017: Short Film Program
- David di Donatello 2016: Miglior Cortometraggio
- Durban International Film Festival 2016: Short Films
- Festa do Cinema Italiano 2016: Il Corto
- Festival del Cinema Italiano di Madrid 2016: Cortometraggi
- ICFF Italian Contemporary Film Festival 2016: Shorts
- Russia-Italia Film Festival RIFF 2016: Miglior Cortometraggio
- Short Shorts Film Festival & Asia 2016: International Program
- Tirana International Film Festival 2016: The Life is SHORT
- Cinema Italian Style – Los Angeles 2015: CIS Short
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