Dall’altra parte del lago c’è un tiglio verde
E nel verde di questo tiglio, cantano tre uccellini.
Non sono veramente uccelli, ma tre fratelli che dicono parole di miele
Per vincere i favori di una ragazza e farla sua.
Uno dice “Sei mio”.
L’altro dice “Se Dio fa un segno”.
E il terzo dice “Mia cara, perché sei così triste?”
“Come posso non essere triste quando mi dicono di sposare un vecchio?
Non abbiamo molto tempo, solo due domeniche posso passare con te, amore mio”.

Corpus Christi (titolo originale Boze Cialo, Polonia, Francia, 2019). Regia. Jan Komasa. Interpreti principali: Bartosz Bielenia, Aleksandra Konieczna, Eliza Rycembel, Tomasz Zietek, Barbara Kurzaj, Lukasz Simiat.

Empatia è parola ricorrente in ogni situazione in cui si cerca un contatto con l’altro. Richiama le reazioni emotive e cognitive di una persona quali risposte alle esperienze che osserva negli altri, un modo per avvicinare il prossimo riconoscendone i sentimenti e accogliendoli semplicemente, senza giudizio.

Daniel è un ragazzo con brutte storie di furti e violenze alle spalle, finito in riformatorio dove sconta la sua pena. Vive una vita anestetizzata da alcol, droga e sesso occasionale, ma sogna di diventare sacerdote e durante la sua reclusione impara a servire messa. L’occasione di un lavoro esterno presso una segheria e una serie di circostanze fortuite, tra cui l’allontanamento volontario del titolare della parrocchia, gli consentono di indossare la tonaca e fingersi il sostituto che prende in carico la piccola comunità del villaggio. In tale nuova veste imparerà con naturalezza a confessare i fedeli, servire messa, celebrare funerali e conoscerà la storia che ha segnato le loro vite nel recente passato: un incidente automobilistico in cui sono morte sette persone.

Sei vittime erano ragazzi, le cui foto campeggiano su un pannello costruito lungo la via principale, meta di preghiere quotidiane. La settima un uomo dal passato difficile, che tutta la comunità riconosce come colpevole dell’incidente, pur senza averne le prove. Contro i piccoli poteri locali, le convenzioni e le scelte dei suoi parrocchiani, Padre Tomasz -così si fa chiamare il falso sacerdote- inizia un percorso di pacificazione per dare degna sepoltura anche alla settima vittima, cui i parenti dei ragazzi hanno rifiutato il funerale.

Cosa fa di un ragazzo privo di spessore morale, dedito alle dipendenze e pronto alla rissa, un ministro del Dio cattolico? E’ solo l’abito che glielo consente? O tonaca e collare, simboli del potere spirituale, sono l’occasione per far emergere una vocazione che le regole ecclesiastiche non possono permettersi di formalizzare? Dove finisce la finzione e dove inizia, invece, il senso di una missione? Perché è questo di cui si incarica Padre Tomasz: non una negoziazione, come vorrebbe il sindaco del villaggio e padrone della segheria, ma l’accoglimento di un’anima insepolta, giudicata e condannata senza processo, insieme alla donna che gli è sopravvissuta e che vive ostracizzata ai margini del villaggio.

L’abito è il mezzo visibile, il segno di riconoscimento, ma ciò che Daniel trasmette con il suo corpo scavato, nascosto sotto la tonaca, con i suoi occhi grandi e i suoi silenzi prolungati, con le sue uscite estemporanee e la sua vicinanza ai giovani e ai morenti, è un’empatia che non necessita di alcun simbolo per essere compresa. Un impostore evaso dal riformatorio e una comunità cattolica osservante messi l’uno accanto all’altra sovvertono ruoli e compiti, ribaltando le attese di pensieri e comportamenti, condanne e salvezza.

Daniel è un’anima persa, tra le tante invisibili ai nostri occhi, alla ricerca di una strada diversa da quella battuta fino a quel momento. Nel silenzio di una festa di paese, in cui i ragazzi si divertono e Marta, la figlia della perpetua, canta dal palco le parole riportate all’inizio, si riconosce il senso di una comunità e l’affetto che i parrocchiani hanno iniziato a riservare a questo giovane sconosciuto.

Ispirato a una storia realmente accaduta in Polonia, dove la quotidianità viene ancora oggi scandita da una fede vissuta come presenza costante, il film racconta di come un’identità apparentemente segnata e condannata possa prendere vie misteriose e restituire agli altri tutto l’amore che non ha trovato sulla propria strada.