Cosa è un fantasma. E’ una rappresentazione inconscia, una finzione, uno schema visivo che sdoppia interiormente la nostra esistenza con lo scopo di creare uno schermo, una difesa finalizzata a ritrovare l’oggetto perduto del nostro desiderio.
Ciò che non possiamo ritrovare, e probabilmente non troveremo mai più, ce lo dobbiamo inventare, edificare, credendo così che ancora sia presente, con l’unico e fondamentale obiettivo di difendere un’essenza che ha perso il suo equilibrio.
La notizia che Antony non potrà stare più nella sua casa perché Anne, l’unica figlia rimasta dopo la morte della sorella Lucy, potrà accudirlo, avendo deciso di andare a vivere a Parigi con il proprio compagno Paul, provoca in Lui, già affetto da demenza senile, la necessità di difendere tutto quello per cui aveva vissuto. Ma lo scudo può essere solo interiore, e deve necessariamente fare i conti con il suo stato mentale, creando così, da quel momento, un’esistenza solamente ambita.
Gli oggetti del suo desiderio, rimanere nella casa in cui ha sempre vissuto, preservare la sua indipendenza, la sua dignità, il ricordo della figlia morta, cioè le fondamenta di una esistenza che non si vuole abbandonare, vengono rielaborati da quella notizia della figlia che va via, non più integri, chiari, ma giornalmente soffocati nella sua limpidezza da una psiche che li sbalza e contemporaneamente li riattrae in una sfera temporale indefinita.
Sicchè Lui vede nella sua casa la figlia e poi una badante, che a sua volta era diversa da quella che preferiva, Laura, perché assomigliava alla figlia Lusy. E quindi la rifiuta. Oppure il genero/compagno di Anne che si sdoppiano in due figure diverse in momenti distinti, che gli dicono le stesse identiche frasi. Oppure si sveglia apparentemente in un’altra casa, quella della figlia, che spesso scambia con la sua.
Ma soprattutto, per l’intero film, è sempre alla ricerca del suo orologio, spesso dimenticato, ma poi ritrovato in posti nascosti, proprio come il tempo che sta vivendo, un amalgama tra coscienza, consapevolezza, oblio, confusione, cristallizzato in una dimensione che non segue più le lancette del tempo ordinario.
Floran Zeller, con una commedia elegante ma diretta, fortemente emotiva, offre, con lo sguardo volto unicamente verso di noi, l’evoluzione di un squilibrio psichico ancora, e ancora, e ancora fortemente attaccato al desiderio che le figlie, pur con diversi ruoli possano stargli vicino nella sua casa garantendogli tuttavia quella vivacità intellettiva ed indipendenza fisica che Anthony ancora aveva.
Ma il suo fantasma, al termine si sfalda. L’impianto immaginario eretto con la notizia della partenza di Annie all’inizio dell’opera muore nella stanza di un ospizio dove finalmente Antony prende amaramente e dolorosamente consapevolezza del suo stato.
L’invocazione singhiozzante della mamma, la regressione, quindi, allo stato infantile, completa il cerchio della sua esistenza sostituendo il fantasma che lo aveva accompagnato per mesi, all’amara considerazione della realtà. E solamente la dolcezza materna dell’infermiera Catherine, proprio la badante da Lui rifiutata dal suo schermo, che gli dice, nell’ultima inquadratura, di vestirsi per andare a fare una bella passeggiata in cortile gli fa comprendere che, malgrado tutto, possiamo, finché è possibile, decidere che le foglie degli alberi della nostra vita restino verdi.
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