Detour – Deviazione per l’inferno (titolo originale Detour, USA, 1945). Regia: Edgar G. Ulmer. Interpreti principali: Tom Neal, Ann Savage, Claudia Drake, Edmund MacDonald, Tim Ryan, Esther Howard
Il cinema ha spesso proposto storie sull’ineluttabilità del destino, l’impossibilità per l’uomo di sfuggire a ciò che la sorte ha scritto per lui. Lo ha fatto in genere attraverso personaggi grandiosi e tragici, la cui rotta viene deviata da un accidente imprevisto. L’originalità di Detour, film minimo (per i soli sei giorni di lavorazione, i 20.000 dollari di budget e la durata complessiva di poco superiore all’ora) di un allievo di Murnau, risiede nel fatto che anche persone normali, con l’unica ambizione di vivere una vita tranquilla con la donna amata, possono rimanere vittime del fato.
Al Roberts suona il piano in un locale di New York dove lavora anche Sue, la sua ragazza. Malgrado il loro amore, insoddisfatta di una vita senza quattrini e con poche prospettive, Sue decide di partire per Los Angeles a cercare fortuna. Dopo qualche tempo Al si mette in viaggio in autostop per raggiungerla. Arrivato in Arizona incontra Haskell, un uomo diretto come lui a Los Angeles per alcuni affari poco chiari, e accetta di continuare il viaggio insieme, prendendo il volante durante la notte. Durante una sosta per ripararsi dalla pioggia Al si accorge che Haskell, che credeva addormentato sul sedile del passeggero, in realtà è morto.

Sicuro che nessuno gli crederà, decide di proseguire il viaggio sbarazzandosi del corpo e assumendo l’identità del suo ex compagno di viaggio. Il giorno seguente offre un passaggio a Vera, una donna che però aveva viaggiato in precedenza con Haskell, e accortasi della falsa identità di Al lo accusa di averlo ucciso. Non sapendo come uscire da questa assurda situazione, Al è costretto a subire il ricatto della donna, fino a quando lei gli propone di presentarsi al cospetto del padre di Haskell, un uomo ricchissimo ma in fin di vita, per ottenerne l’eredità.

Raccontata dalla voce fuori campo del protagonista, presentato nella prima scena come un avventore scontroso all’interno di un diner dove si fermano per una breve sosta i viaggiatori delle highway, la storia di questo musicista fallito appare cupa come gli ambienti, perlopiù notturni e piovosi, che la accompagnano. Al si limita a desiderare, per sé e la sua donna, il minimo: nessun grande colpo o sogni di gloria artistica, solamente una vita tranquilla in qualche periferia della sterminata provincia americana. Ma il destino non lo accontenta, e ad ogni bivio Al sceglierà sempre la strada sbagliata. Lo racconta in un lungo flash back con un’amarezza priva di rabbia, come se la sua sorte fosse il pegno da pagare quando si nasce dalla parte sbagliata della scala sociale. E quando questo succede nella patria delle mille opportunità, dove la narrazione costante è quella di essere artefici della propria fortuna, perché arriva sempre un’occasione di cui approfittare, significa che i sogni di Al sono evaporati con la pioggia della notte.
Vera è una dark lady priva di fascino, di eleganza e di stile, interessata solo a fare quattrini, Al una vittima consapevole e svuotata di forze. Due losers che uniscono i propri destini senza riscatto, trascinandosi reciprocamente verso l’abisso: il loro incontro provoca un cortocircuito fatale, dal quale Al sarà costretto a fuggire tutta la vita, senza mai fermarsi, nell’attesa che qualcuno, in una notte come quelle in cui è ormai costretto a vivere, lo riconosca e lo tiri fuori dal suo incubo.
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