Easy – Un viaggio facile facile (Italia, Ucraina, 2017). Regia: Andrea Magnani. Interpreti principali: Nicola Nocella, Libero De Rienzo, Barbara Bouchet, Lorenzo Acquaviva, Ostap Stupka, Veronika Shostak, Katheryna Kosensko.

I road movie sono un genere che ho sempre trovato affascinante. Perché non solo riescono a raccontarci storie che ci toccano da vicino, permettendoci un’identificazione sicura e protetta coi personaggi e le loro traiettorie relazionali. Ma anche, e forse soprattutto, perché questi personaggi lungo la strada compiono spesso anche un viaggio interiore che li spinge a liberarsi dei blocchi che li avevano tenuti fermi nella palude da cui non riuscivano a emergere.
E’ così per Isidoro, detto Isi, che nasconde il suo faccione dietro una folta barba nera e il suo corpo sotto strati di ciccia che alimenta a colpi di bibite gassate e psicofarmaci. Era una promessa nel mondo dei go-kart, ma da quando ha smesso di correre la sua vita si è fermata in un eterno presente catatonico. Un giorno il fratello Filo piomba nella casa dove Isi vive con la madre chiedendogli di riportare in Ucraina la salma di un operaio morto per un incidente sul lavoro; lui accetterà senza entusiasmo e senza farsi domande, forse per la gioia di tornare a guidare, anche se si tratta solo di un carro funebre. La mamma ha confezionato due maglioni, quello con il numero 1 lo ha regalato a Filo, riservando il 2 a Isi. E’ l’ennesima conferma della sua storia di fratello sfortunato che tuttavia lui alimenta al primo autogrill, buttando la mela che gli aveva dato la madre per il viaggio e comprendo cibo spazzatura.

Poi arrivano le frontiere, le lingue sconosciute, e la necessità di interagire con persone mai viste. Il viaggio si trasformerà presto in un incubo con la perdita del navigatore, del traduttore simultaneo, della strada e infine il furto del carro funebre. Ma anche in una liberazione: dalla barba, dalla timidezza, dalle pillole. Così Isi, portando con sé la bara, proseguirà alla ricerca del villaggio ucraino sperduto nei Carpazi, di cui probabilmente nemmeno conosceva l’esistenza. Continuerà incontrando preti all’ultimo giorno di servizio, poliziotti che lo vogliono arrestare, carrettieri silenziosi, mense vuote e ristoranti cinesi. Proseguirà perché finalmente ha un progetto da portare a termine. Persa ogni comunicazione con il fratello, arrestato per la morte dell’operaio, e senza nemmeno un soldo, Isi inizia a contare solo sulle proprie risorse, ad ascoltare confessioni in lingue sconosciute e ad aprirsi a sua volta a persone mai viste prima. Taras, l’operaio ucraino che lo accompagna nella bara, diventa il suo confidente invisibile, il compagno di viaggio di cui custodisce carte e passaporto.

In questa storia, che come i miti greci e le favole racconta verità difficili da esprimere con la lingua della logica, Isi imparerà a raccogliere una mela dall’albero, abbracciare una figlia abbandonata e cullarne un’altra appena nata. Insieme a Taras lascerà cadere nella fossa anche la sua vecchia identità, assopita in un perenne “io ero”.
La magia del cinema si può costruire soprattutto con storie così. Semplici, piene di fantasia e di voglia di restare stupiti – così diversa dal bisogno di stupire. Un amico cui l’avevo segnalato mi ha scritto queste parole: “E’ uno di quei piccoli film, come “Lontano lontano”, che riescono a metterti in pace col mondo. Li trovo consolatori, non so spiegarmi il perché, forse perché hanno il potere di farti capire che la vita è bella se si trova il modo giusto di osservarla e di viverla, soprattutto quella fatta di piccole cose”.
Nascosto agli occhi della gente, fallito a quelli della madre e del fratello, Isidoro trova in un mondo che non conosce -ma che soprattutto non lo conosce- la possibilità di scoprirsi altro da ciò che era stato fino a quel momento, di riscrivere la propria storia con una penna differente. Gliela fornisce un’occasione inattesa, un ucraino di nome Taras, e un Paese che lo accoglie a braccia aperte.