UN’ANALISI DAL PUNTO DI VISTA DELLA PSICOLOGIA DEL PROFONDO NELLA COMMEDIA DI EDUARDO DEL 1948

Prosegue qui l’articolo di analisi de Le voci di dentro, con cui si è dato inizio a una serie dedicata alla lettura psicologica delle commedie “dispari” di Eduardo De Filippo. Anche in questa seconda parte, si guarderà all’opera di De Filippo del 1948 dal punto di vista della psicologia del profondo – indirizzo della psicologia, lo ricordiamo, che prova a spiegare i fenomeni psichici con l’esistenza di meccanismi inconsci.

Nella prima parte è stato osservato come sogno e realtà perdano le rispettive distanze già dal primo momento nella commedia. Dopo aver analizzato i sogni di Maria e donna Rosa Cimmaruta, oltre al sogno di Alberto Saporito, in questa sede estenderò la lettura anche alle dinamiche interne alle due famiglie e alla riflessione psico-storica che si può edurre dalla commedia Eduardo. L’articolo sarà diviso in diversi paragrafi per renderne più agevole la fruizione, ma i temi saranno sempre fra loro intrecciati.

IL SOGNO DI ALBERTO

Eduardo e Luca De Filippo nei panni dei fratelli Saporito

Alberto vede in sogno la famiglia Cimmaruta assassinare brutalmente il suo amico Aniello Amitrano, occultare le prove dietro un mobile e nascondere il cadavere. Il sogno presenta somiglianze con i due precedenti: raffigura un delitto consumato nella dimensione domestica; ma ciò che più risulta evidente all’osservazione sono le differenze. È assente il momento di tranquilla quotidianità iniziale, ma soprattutto manca la dimensione surreale che lo connoterebbe, in maniera inequivocabile, come sogno alla persona che si trova nello stato di veglia.

Il sogno di Alberto e le sue conseguenze sulla realtà intensificano la riflessione edoardiana sul disfacimento del limite tra sogno e realtà. Essendo il primo elemento nient’altro che la riproposizione della realissima dimensione della guerra appena passata. Ingannato proprio dalla verosimiglianza del sogno, Alberto non esita un attimo ad allertare le forze dell’ordine: l’uomo interiore Alberto è talmente disposto a credere gli altri capaci di assassinio, che neppure i suoi sogni rappresentano questa possibilità come surreale.

I MORTI CHE RESTANO: UNHEIMLICHE E SINTOMO

Temporeggiando in casa dei Cimmaruta insieme al fratello Carluccio, Alberto attende dell’intervento della polizia. Nel mentre, tiene un discorso insinuante a don Pasquale, di cui colpisce sotto il profilo psicologico il passaggio sul ritorno dei morti ammazzati sotto forma di fantasmi. Nell’atmosfera già tetra creata dal racconto dei sogni di Maria e donna Rosa, lo spettatore ascolta Alberto dire:

«Dormire è diventato un lusso. Le agitazioni sono troppe,vero don Pasquale? La testa sul cuscino ribolle e quello che c’è dentro, di notte viene fuori … […] Perché ci sono troppi morti, ci sono più morti che vivi […] quelli che dovevano vivere ancora e invece muoiono per volontà di un loro simile […] non se ne vanno… restano. Restano con noi. Vicino a noi … attorno a noi! Restano nelle sedie, nei mobili … di notte sentite TA! È un morto che si è infilato nel legno di un mobile. Una porta d’improvviso si apre? L’ha aperta un morto. Sotto il cuscino… nei vestiti… sotto al tavolo… quei morti restano lì. Non se ne vanno. E urlano a modo loro. Per questo non possiamo dormire di notte, don Pasquale».

Il discorso di Alberto rimanda alla dimensione del perturbante freudiano, lo Unheimliche. Freud rileva che il termine heimlich, oltre ad avere il significato di “familiare”, rimanda in certi casi a qualcosa di nascosto, precisamente nascosto in casa. Lo Un-heimliche dunque, rappresenta lo svelamento di ciò che doveva restare celato. I morti ammazzati, l’ingombrante segreto che non va rivelato, restano infatti nascosti secondo Alberto proprio negli anfratti della casa.

Oltre a quello narrativo – come provocazione da parte di Alberto ai Cimmaruta e come prefigurazione dei conflitti interni alle famiglie che esploderanno nel secondo atto – i defunti assumono un interessante significato psicologico: i morti si mostrano ai vivi sotto forma di sintomo. Significativi sono in questo senso gli accenni alle percezioni sovrannaturali; più di tutte, impressionante la descrizione del morto che infila «la manella (manina)» rinsecchita nella cravatta, impedendo al vivo di annodarsela a dovere. Un’immagine inquietante almeno quanto gli automi di Hoffmann e i fantasmi di Strindberg.

TUTTI CONTRO TUTTI. FAMIGLIA E AUTOCONSERVAZIONE

Le case in cui si svolge il dramma inconscio sotteso a quello narrativo sono dunque tre: casa Cimmaruta, casa Saporito e la grande “casa” che contiene entrambe: la società post-bellica. In esse i grandi temi de Le voci di dentro si dipanano da un’unica matassa. Il sospetto (che si spinge fino a credere i propri cari in grado di uccidere), il senso di colpa e la confusione fra reale e fantastico, vanno a minare la pace fra gli esseri umani alla pari di delitti realmente avvenuti.

Dopo che Alberto ha ritirato le sue accuse, i Cimmaruta non riescono a credere il suo sia stato realmente un sogno e si recano uno alla volta in casa Saporito per accusarsi vicendevolmente e chiedere ad Alberto di esibire le prove. Dopo essersi apparentemente ristabilita, la distanza tra fantasia e realtà torna quasi a sparire nuovamente. Alberto è quasi convinto stavolta non dalla verosimiglianza del sogno ma dall’assurdità del reale, poiché nel frattempo si è aggiunto un nuovo elemento a creare confusione: Aniello Amitrano è realmente scomparso, nessuno riesce a trovarlo. Alberto corre così adesso il rischio di finire in galera egli stesso se non si affretta a produrre delle prove che sa non esistere. Sogno e realtà si fondono ancora pericolosamente.

Le celebri fotografie di Santa Chiara distrutta dai bombardamenti.

Il senso di giustizia, fusosi ora con quello di realtà, di Alberto reggono anche a questo impatto, ma solo per trovarsi scardinati dall’ulteriore sviluppo della vicenda. Da un lato la cameriera Maria verrà ad avvisarlo che i Cimmaruta stanno escogitando un piano omicida, questa volta reale, per uccidere proprio lui. Dall’altro Michele il portiere gli rivelerà i piani di suo fratello Carluccio per vendere ogni cosa quando Alberto finirà in galera. In questo rivolgimento il nodo centrale del pensiero che sta in fondo a Le voci di dentro viene esplicitato, passando dalle “profezie” oniriche del primo atto alle realizzazioni del secondo: l’essere umano interiore post-bellico ha fatto ritorno a uno stato di coscienza barbarica pronto, alla prima buona occasione, a scatenarsi.

CONCLUSIONI

È essenziale in una lettura psicologica delle commedie nere di Eduardo tenere a mente lo stretto legame che intercorre tra la storia e la psiche. Ne Le voci di dentro si osserva il ritorno del “nascosto”, lo Unheimlich di un’intera società. Un bestiale che sembrava essersi estinto attraverso millenni di civilizzazione, si è invece in neppure mezzo secolo sull’intero continente europeo: la “casa” in cui era stato tenuto celato per lungo tempo è crollata, paradossalmente, sotto il peso non della propria soffitta, ma della propria cantina troppo piena. Il risultato è una disastrosa confusione tra sogno e realtà, che è solo un altro modo per dire “follia”.

In questa regressione collettiva, Eduardo vide l’istinto di autoconservazione ipertrofizzarsi, rovesciandosi in voglia di uccidere. Non è dato sapere se la guerra sia stata una conseguenza o una causa. Ciò che ci è dato vedere attraverso la commedia, è come la vita sociale si mostrasse agli occhi dell’autore come un tutti-contro-tutti che non risparmia nessuno: né i vicini di casa e neppure gli stessi familiari più stretti. Tutti sono pronti a versare, in qualsiasi momento, anche il “proprio” sangue. Neppure l’essere umano più retto, tipizzato in Alberto Saporito, è in grado di tirarsi fuori, giacché è stato lui il primo a credere i suoi simili capaci di uccidere. La distruzione materiale potrà pur essere finita, suggerisce Eduardo, ma quella morale è iniziata.