Cosa rappresenta psicologicamente l’Anello del Potere che muove le sorti della Terra di Mezzo? 

Alcuni sono stati tentati di attribuire all’Unico Anello, l’oggetto al centro del romanzo di Tolkien rappresentato al cinema da Peter Jackson, la funzione di MacGuffin, vale a dire quella di oggetto che fornisce il pretesto per l’azione senza svolgere un ruolo effettivo, ma sono subito stati smentiti da chi ha fatto notare che i poteri dell’Anello sono troppo rilevanti ai fini della trama per essere definito in questo modo. Si direbbe anzi che l’Anello sia un vero e proprio personaggio, se non il principale antagonista: ha una volontà indipendente e tende trappole ai protagonisti influendo sulla loro volontà e attraendo i loro nemici; tutta l’avventura ha in effetti come scopo la sua distruzione, e con lui quella di Sauron, indissolubilmente legato alla sorte della sua creazione.

Accettando questo punto di vista si possono scoprire cose molto interessanti sotto il profilo psicologico per quanto riguarda la natura di questo oggetto. Possiamo leggervi l’inscindibile rapporto tra pulsione di vita e pulsione di morte (l’eros e thanatos freudiani), di cui l’Anello pare  essere – nella sua forma circolare, nei suoi poteri e nella sua intera vicenda – un’eccellente rappresentazione. È possibile fare questa lettura  dell’Anello in duplice senso. Innanzitutto la natura pulsionale dell’Unico Anello si manifesta tramite l’inquietante presenza in esso di quella volontà citata. Si tratta infatti di un oggetto inanimato, «inorganico» diremmo con le parole del barbuto papà della psicoanalisi, da cui non ci si aspetterebbe un’attività indipendente. Ma questo posizionarsi al limite tra vivente e non vivente, ce lo mostra come un oggetto non solo in grado di attivare e significare le pulsioni altrui, ma di provarne e agirne di proprie. 

Nell’altro senso possiamo osservare come anche nel suo rapporto con i diversi Portatori l’Anello si comporti in maniera duale e ambivalente come le pulsioni: è in grado di donare lunga vita, invisibilità e forza straordinaria a chi ne entra in possesso; ma piega la mente e spezza i legami del Portatore, condannandolo all’esilio nel caso di Gollum, o alla morte come accadde a Isildur, che per primo tolse l’Anello a Sauron. Solo a quest’ultimo l’Anello obbedisce, in quanto nel crearlo Sauron gli infuse gran parte del proprio potere. Si può in effetti dire che Sauron e l’Anello siano due elementi di un unico essere, ma anche nel rapporto col suo creatore, l’Anello mostra la qualità mista di eros e thanatos tipica delle pulsioni. Le trame che ordisce per tornare a Mordor, sono espressione di entrambe le pulsioni nella maniera duale che fu descritta da Freud. In questo luogo infatti risiedono sia il suo “eros”, Sauron, che il suo “thanatos”, il Monte Fato, dove fu forgiato e sarà infine disfatto.

È significativo sotto questo punto di vista la catena di eventi che porta l’Anello tra le mani di Frodo Baggins. Suo zio, Bilbo Baggins, ne entrò in possesso molti decenni prima, durante l’avventura descritta ne Lo Hobbit, ottenendolo con un’astuzia, durante una gara di indovinelli con Gollum.

Bilbo dunque porta  con sé l’Anello nella Contea da un viaggio nel mondo esterno, luogo poco visitato da quelli della sua specie che infatti lo considerano “un tipo strano”. Insieme all’Anello porta però, inconsapevolmente, il grande pericolo che si abbatterà in seguito su Frodo. Osserviamo come questa dinamica di guadagno/rischio compaia in altri luoghi del viaggio di Bilbo: la scelta dello hobbit di assecondare la propria sete di avventura, cioè di vita, lo porta più volte a rischiare la morte. Ma questo rischio gli dona l’Anello del Potere che lo salverà nel suo incontro col drago Smaug, rendendolo invisibile. 

Psicologicamente parlando, Bilbo Baggins si porta dunque dietro la pulsione di morte, dopo aver assecondato quella di vita cedendo alla propria sete di avventure, e la “trasmette” in eredità al nipote Frodo, il quale esibirà un comportamento molto simile. Quando inizierà a provare lo stesso desiderio di allontanarsi dalla Contea, Gandalf verrà ad avvertirlo del pericolo che rappresenta l’Anello e ad affidargli la missione di portare il pericoloso oggetto, in un primo momento, soltanto fino a Rivendell; ma come sappiamo Frodo si farà carico del fardello fino alla terra di Mordor, il posto dove l’Anello fu creato e unico luogo in cui può essere distrutto. 

Accettando la missione, Frodo accetta la pulsione di morte, simbolizzata dall’Anello, che ha ricevuto in eredità – che dunque corre nella sua psiche come lo stesso sangue di Bilbo scorre nelle sue vene. È essenziale in questo caso ricordare che è Frodo a offrirsi di portare l’Anello, non viene costretto da nessuno se non dal proprio ‘destino’, che in questa sede possiamo interpretare come un’altra parola per ‘pulsione’ o ‘istinto’, termine definito da Jung in Istinto e Inconscio (1919) come «inspiegabile coercizione interiore». Nel suo viaggio incontrerà, tra gli altri, anche Gollum. Vale la pena soffermarsi su questo incontro perché in grado di fornire ulteriori spunti di riflessioni sul tema trattato. 

Le storie di Gollum e Frodo sono intrecciate non solo dalle vicende dell’Anello, ma anche dal fatto di essere entrambi degli hobbit.

Gollum può essere interpretato come un Frodo “che non ce l’ha fatta” e ha ceduto, per la debolezza personale e le diverse condizioni in cui si è trovato ad avere a che fare con l’artefatto, al potere oscuro dell’Anello che gli ha portato gli effetti di una pulsione di morte non bilanciata da quella di vita: isolamento e follia.

Non è un caso che Peter Jackson abbia girato una scena, poi tagliata, in cui Frodo appare nell’aspetto che avrebbe assunto se avesse ceduto anche lui all’Anello: identico a Gollum.

L’Anello del Potere è dunque l’oggetto che mette in moto le trame delle pulsioni nella Terra di Mezzo, che spingono agli intricati e complessi percorsi della vita tanto quanto all’inerzia, alla dissoluzione, al «ritorno all’inorganico». Il viaggio della Compagnia dell’Anello è un esemplare occasione di incontri che danno luogo da un lato ad amicizie e nascita di nuovi regni; dall’altro allo scioglimento di legami e alla caduta di grandi poteri. Ne sono esempio la rinnovata alleanza tra elfi e nani attraverso l’amicizia di Gimli e Legolas, il ritorno del regno di Gondor nella figura di Aragorn, o la rottura del rapporto tra Gandalf e Saruman che porterà alla rovina di quest’ultimo e il compimento del destino del primo.