La memoria richiama la vita, dissipando il buio della morte

Frantz è un film del 2016 scritto e diretto da François Ozon. Liberamente ispirato a L’uomo che ho ucciso diretto da Ernst Lubitsch nel 1932

Nel 1919 in una cittadina della Germania la giovane Anna va a deporre fiori sulla tomba di Franzt, il fidanzato morto in guerra. Sin dalla prima sequenza si intuisce la straordinaria forza della fotografia, che, attraverso un bianco e nero per niente manieristico, schiude il vero senso delle cose, degli oggetti, degli spazi e dell’animo umano. Un’operazione di certo filologica, capace di creare un inganno visivo, per cui chi osserva ha davvero la sensazione di ritrovarsi in un mondo ormai presente solo nei libri di storia.

Ma l’intento di F. Ozon non è solo quello di restituirci delle immagini storicamente attendibili, quanto quello di rivelarci proustianamente ciò che ormai vive solo nel ricordo. Anna, nella cittadina dove gli animi ribollono di indignazione contro i francesi, si chiude nel suo geloso isolamento, non ammettendo alcuna intromissione che possa anche solo distrarla dal ricordo del fidanzato.

Quando arriva lì nella cittadina Adrien, l’amico francese di Frantz, Anne gli si lega perché insieme rievocano dettagli della parte finale della vita del giovane. Nonostante le riluttanze iniziali, anche i genitori di Franzt lo accolgono in casa; in particolare l’austero padre si strugge, divorato dai sensi di colpa per aver incoraggiato il figlio a partire.

La famiglia ricomincia a vivere, traendo forza e coesione attraverso i ricordi di Adrien. Oggetti inerti riprendono vita grazie al tocco del ragazzo, come il violino che giaceva nella stanza come un simulacro, portando i genitori a sentire di nuovo la presenza del figlio.

La memoria richiama in vita, dissipando il buio della morte. E proprio in quei momenti il bianco e nero cede il passo a un cauto e lirico colore che ravviva gli oggetti. Attorno a un vuoto, accanto a un’assenza, rinasce la vita, attraverso le parole, attraverso la narrazione e grazie alla menzogna il ricordo si addolcisce, diventando quasi accettabile. Il colore delle immagini accompagna i due ragazzi per le strade di Parigi, nelle sale del Louvre visitate e amate, arricchendo di dettagli nuovi e inediti la conoscenza che genitori e fidanzata avevano di Franzt. Di queste visioni, di questo riportare in vita i familiari hanno bisogno in modo assoluto e compulsivo, perché serve loro per esorcizzare la paura e il rifiuto dell’assenza. In realtà si è disposti a tutto quando non si è ancora pronti a dire addio alle persone amate. Si è quindi pronti a vivere una realtà alterata e distorta purché il ricordo non sfumi né subisca contaminazioni di sorta. Altro che elaborazione del lutto!!