Gli spostati (The Misfits, USA, 1961). Regia: John Huston. Interpreti principali: Marilyn Monroe, Clark Gable, Montgomery Clift, Eli Wallach, Estelle Winwood, Thelma Ritter, Kevin McCarthy
Circonfuso da un’aura maledetta per essere stato l’ultimo film di Clark Gable, morto per infarto subito dopo la fine delle riprese, e di Marilyn Monroe, la cui sorte ancora avvolta nel mistero ha consegnato per sempre la sua icona all’immortalità, nonché tra gli ultimi di Montgomery Clift, The Misfits (in italiano “disadattati”) racconta la vicenda di alcuni personaggi che incrociano le proprie strade sotto il cielo del Nevada.
Roslyn, che si trova a Reno per divorziare ospite dell’amica Isabelle, incontra casualmente Guido, un ex pilota di guerra, e Gay, un cow boy cinico che ha dismesso ogni sogno. Insieme a loro si fermerà ospite nella casa fuori città di Guido e inizierà una breve relazione con Gay, prima di incontrare Pierce, un altro cow boy che gira il Paese per rodei, e che si unirà al gruppo. Tutti insieme decideranno di partire per una caccia ai cavalli selvaggi dove la forza dell’uomo si confronterà con l’anelito di libertà degli animali.
E’ un gruppo di uomini spaesati, senza terra e senza una casa dove vivere. Roslyn, che ha lasciato la sua per divorziare, si ritrova circondata da spasimanti che vedono in lei una fragilità che hanno sempre fuggito attraverso le loro scelte di vita: nella guerra Guido ha trovato il vigore che la morte della moglie e successivi lavoretti di nessuna importanza gli hanno poi negato; Ray per catturare i cavalli ha perso l’affetto dei figli; e Pierce, legato a una madre che lo ha dimenticato, cerca nelle ferite inferte nei rodei da cavalli scatenati un modo per sentirsi ancora vivo. La casa di Guido è ancora in costruzione: è rimasta ferma al giorno in cui ha perso la moglie, e non è più voluto andare ad abitarci. Per un breve momento di amore, un fermo immagine in queste vite colme di mancanze, Roslyn e Gay provano a sistemarla, partendo da un gradino che rendesse semplice l’accesso all’ingresso. Ma è un’illusione, pari a quella più romantica ma altrettanto sfuggente, di vivere all’aria aperta, sotto un tetto di stelle, cercando nel dominio sulla natura un assetto definitivo.

Ma i punti di riferimento svaniscono via via, attraverso l’alcol, la musica, le armi e i rodei. Sono vite che non hanno saputo mettere radici, che per un attimo rallentano la loro corsa malinconica e vana per danzare attorno allo sguardo triste di Roslyn, l’unica che non teme di esporre agli occhi del mondo la propria fragilità. Tutti la desiderano ma solo Ray vivrà con lei una breve storia: ma non è questo il nucleo della vicenda, né i giochi che gli uomini intrecciano tra loro, mascherati dietro un’esibita amicizia virile, per essere i prescelti. E’ piuttosto la fine di un’epoca, dei sogni di un’America ancora capace di confrontarsi con praterie sterminate abitate da animali selvaggi da domare. In questi spazi gli uomini cercano un baricentro che senza amore non è possibile trovare, e che pure con l’amore sembrano incapaci di trattenere.

Tratto da un racconto di Arthur Miller, marito di Marilyn e per la prima volta sceneggiatore, il film è attraversato da un senso di sconfitta che si riversa lentamente su vite che non hanno saputo cogliere ciò che la sorte aveva loro offerto. L’ultimo sigillo sarà ancora una volta quello dell’uomo che non riesce ad accettare di vivere immerso nella natura ma la deve dominare, sovrano di un regno che ormai ha smesso di appartenergli.
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