L’ anomalia storica e la volontà del cambiamento

La capacità di una finzione cinematografica nell’attirare l’attenzione dello spettatore, in particolar modo quando tratta vicende fondamentali della storia, richiede anche il tentativo di spiegare i dubbi che queste possono presentare: e tali sicuramente sono state le dimissioni di Papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Aloisiu Ratzinger, che ha consentito poi la nomina di Jorge Mario Bergoglio a Papa Francesco I.

La rappresentazione delle figure di Ratzinger e Bergoglio ci immerge subito nello specchio della millenaria contrapposizione delle due diverse visioni della Chiesa Cattolica.

Ratzinger rigetta, come e nella medesima linea del suo predecessore Papa Wojtyla, ogni forma di relativismo, cioè di deroga, non osservanza dei dogmi tradizionalmente caratterizzanti la Chiesa Cattolica: non accettazione dell’omosessualità, il matrimonio come unico legame, niente comunione ai divorziati, alcuna ammissione dell’aborto.

Questo ermetismo, questa chiusura, isolamento a nuove istanze significa anche chiusura al proprio interno, con risvolti ipocriti non secondari quando provengono da una religione. Non ammissione dell’esistenza della pedofilia tra i sacerdoti, e quando si è costretti ad ammetterlo, volontà di non voler risolvere “spostando” il problema ad un’altra parrocchia; connivenza con i poteri bancari; oscillazione dottrinale compromissoria rispetto a situazioni che richiedono invece una parola ferma, etc.

E quest’impostazione “politica” di gestione della Chiesa è sicuramente anche frutto della storia personale di Ratzinger, mitteleuropea, dal suo chiudersi negli studi dottrinali, come Lui stesso è costretto ad un certo punto ad ammettere. Ratzinger concepisce il mondo, quindi la Chiesa, come “muro”, luogo in cui vanno divisi credenti e non. E soprattutto è certo fin dal primo momento della sua vocazione di essere predestinato ad assumere il ruolo che sta assumendo perché quella era la volontà di Dio. Almeno fino ad un certo punto.

Bergoglio proviene da un’altra storia personale. Esattamente opposta. La sua nasce nell’altra parte dell’emisfero terrestre, scorre tra i vicoli argentini, tra i dubbi sulla sua vocazione divisa tra l’amore di Dio e quello sentimentale, nella necessità di seguire il vangelo, quindi servire i poveri, sentire i loro bisogni, amare l’uomo in quanto tale perché questo e solo questo è il vero messaggio di Cristo.

Ed ecco perché anche Bergoglio è intransigente nel suo credo: non può accettare una Chiesa convenzionale, ipocrita nel rapporto con i suoi scandali, sorda alle esigenze dei più deboli. Comprende sì la necessità di preservarla dal rischio di contaminazioni deleterie, ma lamenta di fronte allo stesso Papa il lento ma inesorabile abbandono dei suoi credenti rispetto ad una società completamente trasformata.

Cosa Pietro ha edificato sulla pietra consegnata da Cristo: il suo messaggio o una sua interpretazione?

Ecco allora che una scelta non solo cambia la storia del Cattolicesimo, ma assume una valenza simbolica fortissima, potente, spiazzante.

Ratzinger decide di dimettersi. Non ci interessa in questa sede il perché. Ci interessa che con questa sua scelta non solo sovverte il principio cardine della Sua religione, cioè che il mandato di vicario di Dio in terra, quale infusione dello Spirito Santo, si estingue solo con la morte fisica, ma facendo così sembra tradire i principi integerrimi di assolutismo propri della sua natura e della sua vocazione.

Ratzinger si scansa dai problemi schiaccianti che può solo osservare perché timoroso nell’obiettivo di risolverli, non sa come muoversi, non sente più la voce indirizzante di Dio.

Ecco il punto, il valore aggiunto e qualificante dell’opera di Meirelles.

E quella voce Papa Benedetto XVI, dopo molto tempo, la rivede nella figura di Bergoglio. Da un iniziale atteggiamento accusatorio nei confronti di Bergoglio, attraverso la parola, il contatto, la frequentazione, “sente” che Lui può prendere le redini della Chiesa, perché il suo coraggio, la volontà di contrastare le subdole formule compromissorie delle stanze del Vaticano ed i danni consequenziali potrebbe riavvicinare il mondo ai suoi fedeli.

Bergoglio aveva già cambiato “idea” più volte nella sua esistenza, perché costretto da contingenze terrene, crude, reali. Anzi, la sua esistenza è la storia di un uomo che si era sempre messo in gioco, privo di certezze, alla ricerca continua di queste ultime. Ratzinger comprende allora che l’immutabilità è errata, che anche Lui non ha più certezze, soprattutto quando il tuo Dio è lontano.

Cosa ci porta a comprendere ciò? Che la trascendenza al divino è sicuramente legata al proprio percorso terreno, condizionandolo se del caso.

Il film, molto interessante, coinvolgente, si fonda su due ottime interpretazioni. Ma quella di Hopkins è particolarmente entusiasmante. La sua personalissima capacità interpretativa qui è perfetta.

Il suo non guardare quasi mai l’interlocutore di fronte, osservarlo di sbieco, obliquamente, sembrando che non lo ascolti, qui accompagna lo spettatore nel passaggio mutante dalla diffidenza narcisistica alla comprensione interessata della figura di Bergoglio. Bravissimo