I viaggiatori della sera (Italia, 1979). Regia: Ugo Tognazzi. Interpreti principali: Ugo Tognazzi, Ornella Vanoni, Corinne Cléry, Roberta Paladini, Pietro Brambilla, Leo Benvenuti.

Dal millenovecentottanta
anno di grazia e d’alleanza,
felice e immobile la gente
viveva solo del presente

Roberto Vecchioni, Canzonenoznac, 1975

Il futuro visto dal passato suscita sempre una serie di domande: nel mondo di oggi esisterebbe il Korova Milk bar con il suo arredo erotico? Il dominio dell’immagine spingerebbe il potere a bruciare libri in piazza? La Francia, patria della laicità, è realmente destinata a diventare un dominio islamico? Il panopticon di Bentham, che tutto controlla, è ormai la nostra realtà? Cosa muove uno scrittore a raccontare un futuro prossimo impossibile da costruire, se non partendo da basi storiche, scientifiche e sociali piuttosto traballanti? E’ l’amore o la paura che move il sole e l’altre stelle?

Per Umberto Simonetta, autore del libro che ha ispirato il film, era forse il timore di invecchiare, l’inutilità di anni ormai improduttivi, prima che il mercato ci raccontasse le meraviglie della Silver Economy e la psicologia le potenzialità del long life learning.
La pellicola è ambientata nel 1980, anno in cui una legge promulgata per affrontare il problema del sovrappopolamento impone a tutti gli adulti che compiono 50 anni di lasciare il lavoro e andare a vivere in un villaggio turistico. Così Orso Scoppiato, un disc jockey ancora in piena attività e Nicky, moglie e coetanea, sotto la sorveglianza dell’ESP (Esercito della Salute Pubblica), sono costretti a fare le valigie e raggiungere la loro meta. Nel viaggio li accompagnano i figli, convinti della bontà della legge, e il nipotino Antonluca, petulante e anaffettivo.

Una volta giunti a destinazione, scopriranno che periodicamente si tiene una lotteria cui tutti sono obbligati a partecipare: i vincitori partiranno per una crociera da cui nessuno ha mai fatto ritorno. Mentre Nicky allaccia una relazione con un vecchio playboy e Orso conosce Ortensia, una giovane inserviente, la lotteria continua a decretare i suoi vincitori che, per festeggiare il premio appena conquistato, salutano il pubblico sfilando mestamente su una giostra.

Quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca, recita un antico proverbio africano. Ma Tognazzi, che ha curato la regia del film, lascia la realtà della morte sullo sfondo, preferendo concentrarsi sulle dinamiche surreali che agitano i pensieri e muovono le azioni dei protagonisti, condannati a un domani la cui durata è determinata esclusivamente dalla sorte. Il sesso diventa così il rifugio dove scacciare un pensiero insopportabile, per il quale non vi è rimedio. Distopico come 1984 di George Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley, in cui la variabile umana viene interpretata come un accidente da dover controllare al meglio, il filma racconta azioni e reazioni di chi, condannato ingiustamente, non riesce a ribellarsi a un destino che qualcuno più grande di lui ha già scritto per tutti. La stessa ambientazione – il film si svolge per la maggior parte in un villaggio turistico dalle ardite e inusuali soluzioni architettoniche a Lanzarote, nelle Canarie -, vulcanica e assolata, contribuisce a creare un’atmosfera straniante, una cappa opprimente sotto la quale il sole non richiama giornate spensierate al mare ma la notte che sta per calare.
Il futuro che raccontava Tognazzi nella sua regia è passato, senza mai essere davvero arrivato: si va in pensione, forse, a 67 anni, e sono gli anziani a dove reggere sulle proprie spalle il peso di figli e nipoti, a cui il mondo di oggi, visto con gli occhi di ieri, ha raccontato un sacco di bugie.