Vite ambientate in periferia: “Il Contagio” arriva fino ai “quartieri alti” in una molteciplità di solitudini.

“Il Contagio” non è legato al nostro momento storico di pandemia sanitaria, ma certamente riguarda una pandemia sociale provocata dal virus della solitudine.

È un insieme di corti in un unico film. Per questo nel film si ricavano Solo Corti di vite sole rette da una rete collettiva che con “Il Contagio” si accompagnano e si intrecciano evidenziando non solo la solitudine urbana e suburbana ma quella più intima.

“Il Contagio” dura 105 minuti è l’adattamento cinematografico di una pièce teatrale di Nuccio Siano, a sua volta tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore italiano Walter Siti, Premio Strega nel 2013 con  “Resistere non serve a niente”.

“Il Contagio” è del 2017 diretto da Matteo Botrugno e Daniele Coluccini. È interpretato da Vincenzo Salemme, Vinicio Marchioni, Anna Foglietta e Giulia Bevilacqua, Maurizio Tesei e Nuccio Siano.

Sebbene tutti i personaggi, ben interpretati con padronanza, spontaneità con la rassegnazione al destino assegnato condividano la loro vita verso obiettivi di realizzazione personale, ognuno vive il proprio dramma in solitudine.

Eppure “Il Contagio” di queste vite ambientate in periferia arriva fino ai “quartieri alti” evidenziando altre solitudini.

“Il Contagio”, dunque,  trasmette, evidenzia, esplode e termina. Tutte le vite raccontate hanno l’iter del contagio epidemiologico: sintomi, diagnosi, cura.

È nella cura scelta, o assegnata, di ogni protagonista che si risolve e termina “Il Contagio”.

È un film di pasoliniana memoria, in una borgata di una Roma a colori, girato tra il Quarticciolo e Prati in cui tutti gli elementi tipici sono narrati senza che uno si sovrapponga all’altro, anzi si contagiano.

Creano quella coreografia speciale che inquadra perfettamente la moderna inquietudine placata sempre con gli stessi mezzi.

Emblematico è il personaggio di Walter, interpretato da Vincenzo Salemme. Fuori dal suo ruolo comico che conosciamo e apprezziamo, Salemme conduce e chiude il film con una riflessione solitaria: amara e dolce, cruda e realistica.

“Il Contagio” termina con straordinaria capacità interpretativa vocale e mimica di Vincenzo Salemme.

Una menzione speciale alla fotografia: il tratto fissativo di alcune immagini realizzano il confine di piccoli corti. Piccole storie inglobate in un intenso ed un unico film.