Il maestro di Vigevano (1963). Regia: Elio Petri. Interpreti principali: Alberto Sordi, Claire Bloom, Piero Mazzarella, Guido Spedea, Anna Carena, Eva Magni, Tullio Scavazzi.
Tutto questo lo sai e sai dove comincia
la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia…F. Guccini, Canzone quasi d’amore, 1976
Pensato inizialmente per Tognazzi, il ruolo di protagonista di questo film fu affidato a Sordi, che in questa vicenda mostra le sua grande capacità di incarnare un personaggio mantenendo alcuni tratti della propria maschera e, insieme, sviluppando un profilo umano da essa molto distante.
Il protagonista del film, il maestro Mombelli, vive a Vigevano e insegna nella scuola elementare insieme ad altri colleghi. La città, capoluogo della Lomellina, sta vivendo il boom delle calzature, uno dei primi distretti industriali che si sono sviluppati in Italia nel dopoguerra. La frattura tra la missione sociale dell’insegnamento e il denaro facile che arriva dalla nascente industria si insinua nella famiglia del maestro, tanto che la moglie Ada gli suggerisce di lasciare la scuola e investire la liquidazione nell’avvio di un piccolo calzaturificio. Pur amandola profondamente, il maestro vive questa opportunità con un senso di vergogna, come la rinuncia all’impegno civico di forgiare gli uomini di domani attraverso la conoscenza dei classici, dei grandi poeti, della storia e della matematica. Ada, a sue volta, segue altre sirene: quelle del benessere, di una casa dove finalmente sia possibile dormire al caldo, mangiare senza rinunce, e acquistare il necessario per una vita decorosa, cosa che lo stipendio di un maestro non consente.
Nessuna delle due strade è priva di ostacoli: nella scuola i maestri sono vessati da Pereghi, il direttore dell’istituto, che li umilia trattandoli come bambini mentre Nanini, amico e collega di Mombelli, dopo aver fallito più volte l’esame di abilitazione all’insegnamento, è sempre in cerca di una supplenza. Ada, stanca di una condizione prossima alla miseria, entra in fabbrica malgrado il parere contrario del marito.

La fabbrica e la scuola si incontrano nella figura del commendator Bugatti, che offre al maestro una somma consistente per correggere, in meglio, i voti del figlio, non senza avergli ricordato che studiare è tempo perso e che per avere successo nella vita l’unica cosa che conta è lavorare a testa bassa.
Quando Nanini, stanco di una vita di umiliazioni, si uccide, qualcosa si rompe in Mombelli. Accetta così la proposta della moglie, lascia l’insegnamento e con la liquidazione costruisce un piccolo laboratorio casalingo che presto inizierà a dare i suoi frutti. Ma questa fortuna tanto cercata si dimostrerà effimera, e Mombelli si troverà costretto a ridare gli esami per essere nuovamente accettato nella sua scuola.
Una figura tragica, quella del protagonista, affiancata da altre figure che ugualmente non riescono a prendere in mano le redini del proprio destino; come se ciascuno non avesse scelta e dovesse percorrere fino in fondo, senza scarti di lato, la vicenda umana che la sorte gli ha apparecchiato. Come se la ribellione alla propria condizione di minorità, culturale o economica, non contemplasse una profonda e radicale possibilità di riscatto, ma nemmeno l’opportunità di un confronto aperto tra le alternative possibili. Ada e il maestro non si ascoltano, ciascuno confinato dentro i bordi poco dorati del proprio sogno. Anche Nanini e Mombelli, due anime solitarie che credono alla stessa missione, si parlano senza ascoltarsi. Lo faranno solo dopo, in sogno, durante l’apparizione fantasmatica di una giovane coppia che fa l’amore sul greto del fiume, raccontando la bellezza di un’età in cui tutto è ancora possibile, senza le smagliature della quotidianità.

La morte che si diede a nemmeno 50 anni Lucio Mastronardi, vigevanese e profondo conoscitore delle dinamiche, delle invidie, dei giudizi della sua città, è la stessa che scontano vivendo i suoi personaggi di provincia, che credono di aver trovato la chiave segreta del mondo e invece si accorgono di girarla sempre nella stessa toppa, senza che nessuna porta si apra.
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