Il cerchio dell’Anima e la Memoria: riflessioni.

Perché quanto più ci avviciniamo al termine naturale dei nostri giorni tanto più tendiamo a ripercorrere il nostro passato? 
Una risposta suggestiva, di stampo psicologico e filosofico, anche se influenzato da un pensatore greco, Plotino, ce la fornisce James Hilmann, psicoanalista e filosofo americano, autore di un trattato sulla vecchiaia (La Forza del Carattere. 1999.)

I sentimenti di nostalgia del proprio passato che diventano ossessivi negli ultimi periodi, prima dell’abbandono definitivo, si fonderebbero sul mito dell’eterno ritorno. L’anima tenderebbe ad annullare il trascorrere del tempo che incide sull’invecchiamento corporeo, ambendo a raggiungere un luogo ideale, un non-luogo, che possiamo definire Utopia (Paradiso, Eden). Ma come è possibile ciò? Grazie al principio di ciclicità del tempo: “Ciò che succede ora è già avvenuto in passato in modo se non esattamente identico, uguale ad un qualche livello essenziale”.

Il corpo, secondo Hilmann, sempre riprendendo Plotino, ha un moto rettilineo, mentre quello dell’anima è circolare. “L’anima si sforza di andare sempre verso di sé…E’ un movimento della coscienza, della riflessione e della vita, che ritorna su se stesso, che non esce mai da se e non passa ad altro appunto perché deve abbracciare tutto in sé. E questo spiegherebbe perché, avendo velocità diverse, l’anima “trattiene” la spinta in avanti del corpo”. Cosa significa questo? Ci dice Hilmann..”se vuoi che la tua vita non si discosti molto dalla tua anima, devi operare continui minuscoli aggiustamenti in modo che la tua linea di condotta non parta per la tangente allontanandosi dal cerchio dell’anima”.”
In questo moto circolare l’anima ritorna sempre al medesimo punto, al medesimo tema centrale, il carattere: onore, dignità, coraggio, grazia, valori. Quelle cose che abbiamo conosciuto per la prima volta quando eravamo giovani. Se fuggiamo troppo avanti nella linea retta della vita, allora non riusciamo più a star dietro alla circolarità dell’anima. E quindi “nasce l’esigenza di ritornare a quelle cose centrali”.

Isak Borg professore, già medico condotto, di 78 anni, è un uomo chiuso, scontroso, solitario, vedovo da oltre 30 anni. La notte prima di un viaggio per ricevere una importante onorificenza accademica ha un sogno d’angoscia, estremamente simbolico, prefigurante “l’abbandono” (non “morire”, ma “lasciare” direbbe Hilmann) di questa esistenza. 
L’incubo gli provoca, il mattino seguente, un improvviso cambio di programma che comunica alla sua governante: decide di partire non più in aereo ma in macchina, facendosi accompagnare dalla nuora, Marianne, attualmente in una fase di separazione fisica con il marito e figlio di IsaK, Evald.
Il professore, dopo uno scontro verbale in macchina con Marianne, che gli riferisce che il figlio lo odia e gli rimprovera che è una persona cinica, ad un certo punto decide di “deviare” il naturale percorso stradale, e arriva nel “posto delle fragole”, un luogo reale e della memoria ubicato vicino alla casa della sua giovinezza. Isak sente quindi il bisogno di abbandonare la via rettilinea di Plotino che lo sta portando troppo lontano dalla circolarità dell’anima. E cosa si può fare per ritornare a quei valori della giovinezza necessari per richiudere il cerchio? Affidarsi alla Dea memoria.

Qui l’influsso di Marcel Proust è evidente, palpabile, vivo, dove memoria “volontaria” e memoria “spontanea” sono ambedue presenti. Il Professore, inebriato dal posto e dai suoi profumi, rivive i suoi ricordi, facendoli riemergere dal cilindro del suo inconscio Lui, giovane ragazzo, innamorato perdutamente di sua cugina Sara, che purtroppo, negli anni a seguire, preferirà suo fratello: una cicatrice, come dimostrerà il seguito del film, mai più rimarginata. Entra nel sogno, come Isak anziano, nella casa della giovinezza, e vede a tavola se stesso, tutti i fratelli, lo zio ipoudente, la mamma…..sente le canzoni….rivede la cugina che si allontana piangendo, poi scherzi, gioia, e tanto, tanto amore ed affetto….quello che ha perso seguendo la via rettilinea della sua esistenza.

SI addormenta, nella realtà, e viene svegliato da una ragazza (molto simile esteticamente alla cugina Sara) che insieme ad altri suoi amici (simboli evidenti della giovinezza) gli chiedono un passaggio. Riprendendo il viaggio si scontra (senza danni per nessuno) con un’altra autovettura dove ci sono due coniugi, anche loro in evidente stato di reciproco dissidio come il figlio e la nuora.
Il professore allora decide di effettuare un’altra deviazione del percorso, andando a trovare la madre di 96 anni. I luoghi ora diventano quelli della prima maturità, dove all’inizio svolgeva la professione di medico condotto, e dove era ben amato, come dimostrato dall’incontro con un benzinaio. Dopo un piacevole pranzo all’aperto con la nuora ed i tre ragazzi, e l’incontro con la madre (che stranamente gli regala un orologio senza lancette simile a quello visto nel sogno notturno) si addormenta nuovamente in macchina. Altro sogno, questa volta d’angoscia, dove, tra l’altro, alla fine di un surreale esame universitario (ma lui era già medico) viene accusato di incompetenza con una serie di accuse, tra le quali di essere indifferente ed egoista: la punizione? La solitudine.
Intanto, durante il viaggio, la nuora gli confessa che il motivo della separazione con il marito è anche dovuta al fatto che Lei sta aspettando un bambino che il marito non vuole. Perché? Evald, In maniera cinica, risponderà che sono importanti “solo le cose necessarie”.
Isak intravede quindi anche nel figlio quell’egoismo, crudezza d’animo, che gli è proprio. 
Arrivano finalmente alla fine del loro viaggio, va dal figlio e poi riceve l’onorificenza con una cerimonia ufficiale.

Alla fine della giornata, Isak, finalmente, realizza il significato del suo percorso. Il ritorno, onirico e mnestico, verso l’inizio della sua vita, per completare il ciclo dell’anima deve rettificare il suo percorso lineare. Comprende i suoi errori, quello che è diventato e l’influsso negativo che ha provocato. Allora si traforma: tratta bene, con gentilezza, la governante (che lo ha raggiunto) il cui rapporto era stato sempre improntato alla durezza e distacco, si rappacifica con il figlio ma soprattutto con la nuora, quella che più di altri gli ha fatto comprendere i suoi errori. Ed emblematiche risultano le scene finali. I tre ragazzi, che intanto devono ripartire, gli dedicano una serenata: e la ragazza gli dirà…”Addio papà Isak…sei il grande amore della mia vita….oggi, domani…per tutta l’eternità”.

Il Posto delle Fragole è universalmente considerato il capolavoro di Bergman. E’ il trionfo assoluto, inossidabile, irripetibile, irraggiungibile, sul piano cinematografico, della Memoria e dell’Anima. Attraverso lo strumento del viaggio. Perché il viaggio consente all’uomo di percorrere una strada compiendo un tragitto, che è quello razionalmente predeterminato, ma di modificarlo, deviarlo, quando l’uomo stesso si sta rendendo conto di quello che sta lasciando.

E qual è lo strumento principe per poter comprendere lo stato in cui vive? Ricordarsi di quei valori conosciuti di quando era un ragazzo. Quindi l’utilizzo della Memoria, anche attraverso il Sogno, per modificare il ciclo dell’Anima.

Genio assoluto.