In the mood for love (titolo originale Faa yeung nin wa, Hong Kong, Cina, 2000). regia: Wong Kar-wai. Interpreti principali: Maggie Cheung, Tony Leung Chiu-Wai, Ping Lam Siu, Rebecca Pan, Kelly Lai Chen

A Hong Kong nel 1962 due coppie, i Chow e i Chan, traslocano nello stesso giorno in due appartamenti contigui dello stesso palazzo abitato da una chiassosa comunità cinese. Chow Mo-wan lavora in un giornale, mentre la moglie è portiera in un albergo; Su Li-zhen lavora come segretaria presso una compagnia di navigazione, mentre il marito viaggia all’estero per affari. I due si incrociano spesso lungo lo stretto corridoio che conduce alle rispettive porte di casa: dopo poco tempo e qualche breve dialogo di circostanza si rendono conto che i rispettivi coniugi, che la regia non inquadrerà mai se non di spalle, sono amanti.

Inizieranno a frequentarsi ma non percorreranno la stessa strada. E poiché la padrona di casa è un’autentica impicciona, lui affitta una stanza per poter scrivere il suo libro in modo da non destare alcun sospetto mentre lei lo aiuterà nel lavoro.

Durante il tempo trascorso insieme impareranno a conoscersi, a condividere pensieri e dubbi, a volte allontanandosi e poi tornando, sempre accomodati in un assetto platonico per un amore che sta crescendo ma che nessuno dei due intende riconoscere e alimentare.

I corridoi dove si incrociano sono stretti, le stanze piccole, i vicini indiscreti; ma Chow e Su, pur nella prossimità dei corpi e nel tepore delle confidenze reciproche, continuano a pensare che un danno come quello da loro subìto non può generare una storia d’amore: gli anni, ripensamenti dissonanti per tempi e modalità, vari altri traslochi, trasformeranno un amore possibile in una selva di opportunità non colte.

E’ un racconto frammentato, fatto di ralenti, colori saturi, spazi soffocanti come la trama delle loro giornate, una tema musicale ricorrente (https://www.youtube.com/watch?v=CydoHnlWpEI), pioggia, incontri e attese. Un uomo e una donna sono soli al mondo, ancora più soli perché traditi dai rispettivi coniugi e incapaci di reagire attraverso la vendetta o lo scontro: come se dietro la poesia dei gesti avessero anestetizzato i propri sentimenti, routinari al pari dei rispettivi impieghi, dentro giornate che non cambiano mai.

Wong kar-wai racconta una storia priva di una vera trama ma densa di sensazioni visive, olfattive e tattili: le tinte decise degli interni e le luci notturne dei lampioni, i coltelli che affondano nella carne, le volute di fumo grigio che si alzano a impregnare le tende di stanze troppo piccole. La materia che esonda con tutte le sue forme dal quadro visivo e accarezza i sensi fa da contrappunto a corpi che non si accostano e a frasi che solo da lontano fanno lampeggiare un’intimità che non diventa mai reale.

E’ un surplace affettivo in cui manca anche l’attesa di quale sia, dei due, a fare la prima mossa; una partita a scacchi nata e già terminata patta, senza dominio, con una tensione sottile ma priva di stridori o dissonanze. Rimane un ricordo, vissuto molte vite dopo e legato a una frase caduta quasi per caso tra le immagini: “Se hai un segreto veramente importante, confidalo alla fessura di un albero secolare, e lui lo conserverà per sempre”.

Un figlio, e molti luoghi e anni e mestieri più tardi, nessuno saprà più di loro: dietro la porta della stanza 2046 (titolo del sequel onirico in cui il protagonista cercherà in altre donne e altre storie i frammenti del loro incontro) ciò che una volta chiamarono passione resta per sempre un discorso sospeso.