La famiglia Fang: arte e follia sembrano due facce di un’unica medaglia mentre l’unione paradossale tra arte e normalità non trova spesso un punto di incontro nell’immaginario comune. Ma è sempre vero?
La famiglia Fang conduce una vita alquanto atipica. Caleb e Camille, i genitori, sono due artisti emergenti che realizzano performance grottesche in situazioni di vita quotidiana, coinvolgendo anche i propri figli, Annie e Baxter, o come sono soliti chiamarli loro, bambina A e bambino B.
Il loro obiettivo è riuscire a provocare una travolgente reazione emotiva nella gente che assiste ai loro spettacoli: rabbia, paura, stupore. Secondo Caleb, infatti, l’arte deve essere sconvolgente e deve “farti svegliare”. Sembra proprio nascondere dietro tali messe in scena il proprio vissuto istrionico che non riesce a gestire internamente.
Crescendo Annie e Baxter si allontanano dalla strampalata famiglia Fang, il cui legame sembra, però, inseguirli affannosamente.
Annie è un’attrice alcolizzata, mentre Baxter uno scrittore che fa uso di psicofarmaci.
Quando incappano in situazioni che sembrano sopraffarli, entrambi si ritrovano a citare pedissequamente e quasi religiosamente il credo paterno: “Se hai il controllo, il caos accadrà intorno a te, non in te”. Questa, che viene utilizzata quasi come una formula magica, crea nei due l’illusione che riusciranno ad affrontare la complicazione che la vita pone loro in quel momento, al contrario, è proprio in quei momenti che emerge quanto siano intrappolati nel ruolo in cui i genitori li hanno ingabbiati sin dall’infanzia, quando erano felici di contribuire alle drammatizzazioni della loro famiglia.
Quanto la realtà sia diversa lo dimostra il fatto che i fratelli presentino forti sintomi di dipendenza: l’impossibilità di gestire qualsiasi tipo di controllo risulta eclatante.
Tutto ciò che gli è stato insegnato è dimostrare di essere dei veri artisti e questa pretesa superegoica continua a farli sentire costantemente non all’altezza, soprattutto nelle rispettive professioni.
Quando Baxter subisce un infortunio l’intera famiglia Fang è costretta a riunirsi.
Annie vive questo incontro come un’occasione; vorrebbe riuscire a risolvere le proprie controversie personali e pensa che se il rapporto tra i membri della famiglia si normalizzasse potrebbe riuscirci.
A questo punto avviene qualcosa di inaspettato: i genitori sono vittima di un incidente, spariscono e si ipotizza un omicidio.
I figli non sanno che pensare. Sarà vero o no?
Annie inizia ad esserne ossessionata e vuole ad ogni costo smascherare e ritrovare i genitori, mentre Baxter risulta un po’ più disilluso.
Esausto per la smania della sorella, decide di parlarle chiaramente, dichiarando di essere pronto a buttarsi il passato alle spalle e ricominciare. Che l’accaduto fosse reale o l’ennesima messa in scena dei Fang non era più importante. Baxter illustra la realtà dei fatti in modo del tutto sconvolgente e allo stesso tempo illuminante. Qualora la loro morte si fosse rivelata vera, i due fratelli avrebbero potuto in qualche modo mettere un punto a questo capitolo della loro esistenza.
E se invece si trattasse di un trucco? Forse meglio non venirne a conoscenza!
Insomma… provate ad immaginare cosa provereste se i vostri genitori fingessero di essere morti e.. ops! Si dimenticassero di avvertirvi! Che razza di genitori sarebbero?
Con profonda consapevolezza Baxter spiega alla sorella che in ogni caso l’obiettivo non è cercare di cambiare i propri genitori nutrendo il malsano desiderio che la sua possa mutare da “famiglia Fang” a “famiglia della Mulino Bianco” così che i suoi vissuti negativi svaniscano straordinariamente. Per evolversi, al contrario, un’intima separazione dal proprio passato è necessaria, come anche lo sforzo a cambiare se stessi. Queste parole sembrano catartiche per Annie.
Entrambi iniziano a guardare quella situazione come “un dono e non come un dispetto”, così come suggerito da un vecchio amico di famiglia.
Smantellano la casa dei Fang e vendono tutto. Tra le cianfrusaglie, però, spunta un indizio che li porterà a scoprire un artificio pianificato da tempo… I fratelli Fang riescono finalmente a prendere le distanze dalle rappresentazioni fantasmatiche dell’infanzia sia sul piano reale e in parte su quello del profondo.
Baxter conclude il nuovo volume del suo romanzo e Annie continua la sua carriera come attrice conducendo una vita più salutare, così come si era riproposta.
Il narcisismo del padre, concentrato esclusivamente su se stesso e sulla sua arte, non lascia spazio ad un amore sincero per gli affetti familiari. Lui stesso dichiara di essere riuscito ad amare i figli solo una volta: quando ha compreso che avrebbero potuto apportare valore alle sue performance. Li ama, quindi, solo come sua appendice e come mezzo che gli ha permesso di realizzarsi.
La madre, Camille, è una masochista che si annulla e rinuncia a qualsiasi cosa per amore di Caleb, assecondandolo e sostenendolo in qualsiasi sua decisione, perfino quando lui costruisce una seconda famiglia per la quale dimostra un’umanità e un affetto più autentici. Gli show che mettono in scena sembrano quasi l’unico modo che i Fang hanno di relazionarsi e di comunicare tra loro piuttosto che affrontare la realtà e le complicazioni esterne.
La scomparsa dei genitori, in fondo, fa sì che i bisogni inconsci di ognuno possano essere assecondati.
D’altronde, come la madre racconta, Caleb aveva intenzione di abbandonarli già dalla nascita di Annie.
Un interrogativo resta aperto. Sembra che tra i due fratelli viga una sorta di incesto. Durante l’adolescenza gli stessi genitori avevano cercato di proporre questo tema così scabroso, facendo baciare i due durante uno spettacolo scolastico. Nel prosieguo della narrazione si scorge un timido tentativo di flirt tra Baxter e una docente di lettere ma, a conclusione del film, quando Baxter presenta orgogliosamente il romanzo, alzando lo sguardo incontra quello della sorella.
D’altronde sono, l’uno per l’altra, l’unica famiglia che gli resta ma sembra quasi che entrambi non si siano del tutto liberati dalle angosce dell’infanzia per far posto a qualcosa di completamente nuovo.
È possibile che le loro problematiche abbiamo semplicemente mutato forma, piuttosto che essere state saldamente elaborate e superate?
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