“Un antico luogo comune attribuisce alla natura una qualità femminile e alla cultura una qualità maschile. Come tutti gli stereotipi, anche questo contiene una parte di pigrizia mentale e una verità” (Luigi Zoja)
Immaginate di essere un maschio, astralopiteco di circa 3 milioni di anni fa… Vivete in piccoli gruppi di maschi e femmine della vostra specie e di tanto in tanto vi accoppiate con qualcuna di esse… Fin qui tutto bene… Succede però che ad un certo punto a questa simpatica ragazza comincia a crescere la pancia e dopo 9 mesi esce un bambino un po’ peloso, ma paffutello e simpatico come la madre. Succede allora che questa donna vi chieda adesso di procacciare il cibo e calore anche per lei, perché adesso non può più seguirti nel tuo peregrinare in quanto ha un bambino piccolo da accudire, e ti chiede inoltre di portare il cibo anche per questo esserino che tu non sai da dove proviene. Ti chiede, in sintesi, di ritornare, dopo le fatiche e i pericoli della caccia, tutte le sera nel luogo dove risiede e nutrire questo gruppetto sempre più affamato. Non solo, questa donna ti fa richieste molto impegnative come ad esempio di ritornare da lei invece di andare con altre simpatiche femmine della tua specie. Quale motivazioni avresti per fare tutto questo? L’unica motivazione che potrebbe spingerti a ritornare a “casa” tutte le sere è quella di sapere che quel bambino è anche figlio tuo (il sentimento dell’amore era un po’ vago a quei tempi), ma tu non lo sai. La mamma qualche idea ce l’ha, visto che ha tenuto in grembo questo bambino per tanto tempo ed è certa che è uscito da lei, ma tu, maschietto, pensi proprio che con tutta questa vicenda non c’entri nulla!
Questa storia certamente ci sembra molto lontana da noi, uomini moderni, anzi ipermoderni, del XXI secolo. Sappiamo tutto sulla procreazione e sul fatto che quel bambino è anche figlio nostro. Inoltre abbiamo a disposizione le più avanzate analisi del DNA nei casi incerti di paternità. Tutto bene quindi.
Io penso, viceversa, che questa storia della nascita di un padre ci appartenga oggi così come qualche milione di anni fa.
A dire il vero anche la donna deve necessariamente fare questo percorso di nascita come madre; non è per nulla scontato che siccome ha tenuto in grembo un bambino si legherà e lo accudirà fin da subito. Nulla di più sbagliato! Anche lei dovrà fare un lavoro profondo per costruire e portare avanti questo legame, ritengo che genitori non si nasca ma si diventi. Come esempio basti pensare all’adozione, il bambino non nasce biologicamente da quella coppia ma si può creare un legame profondissimo e indissolubile esattamente e forse anche maggiore di quello con un figlio naturale.
In generale, però, la donna ha qualche strumento in più che, come scrivevo prima, è legato alla dimensione naturale. Luigi Zoja, in un libro molto interessante che si intitola “Il gesto di Ettore” a questo proposito scrive: “Come la maternità, la paternità non consiste nell’attimo. Non solo nel generare, bensì in quell’essere padre in modo stabile che accompagna la crescita del figlio. Ma essere madre significa prolungare dopo la nascita del figlio la propria condizione di genitore: un evento senza interruzioni, nella vita della singola madre allo stato naturale così come nell’evoluzione della specie. Essere genitore maschio ed essere padre sono invece, fin dalle origini, due cose separate e diverse.” (Luigi Zoia).
Qualche tempo fa ho rivisto il bellissimo film di Charlie Chaplin, “Il monello” film muto del 1921, che ha una scena memorabile e che mi ha fatto pensare subito a quel primate di 3 milioni di anni fa e a tutti i padri moderni quando si trovano di fronte a questo oggetto misterioso chiamato bambino. Sono sicuro che nonostante l’amore paterno, tutti noi abbiamo vissuto qualcosa di simile a Charlie Chaplin quando trova per caso a terra un bambino abbandonato. La prima cosa che gli viene da fare è di cederlo ad una donna che già ne possiede uno… oppure ad un altro uomo che passa di lì per caso… Non ci riesce perché sembra che ci sia una legge, impersonificata dal poliziotto, che lo costringe a tenerlo con sé. Poi succede una cosa particolare: rassegnato si siede sul ciglio della strada tenendo in braccio il bambino, cerca di disfarsene un ultima volta pensando di metterlo dentro un tombino, capisce che non è una buona idea, anche perché nella tasca della giacchetta trova una lettera, di una donna, probabilmente la madre naturale del bambino, che scrive: “per favore amate e curate questo piccolo orfanello”. Chaplin si sente nominato da quella madre, nello stesso tempo l’esperienza di tenerlo in braccio rassicura il bambino e trasmette a questo “padre adottivo” qualcosa di nuovo, un sentimento che farà nascere in lui una nuova spinta, quella che lo porterà ad accogliere e accudire questo bambino.
Lacan, importante psicoanalista francese, a proposito dell’essere nominato, designato dalla madre dice qualcosa di veramente straordinario sulla funzione paterna: “Il nome del Padre non ha nessuna efficacia, nessuna incidenza sulla strutturazione psichica del bambino, se non in quanto il padre è nominato dalla madre, nel duplice significato: 1) essere designato – mediante il conferimento di autorità – a una funzione; 2) di essere chiamato a rispondere al e soprattutto del desiderio della madre come donna”. (Lacan, Seminario XXI).
In questa affermazione c’è un concetto di grande impatto psichico: la madre deve compiere un atto di estrema generosità nel distaccarsi un poco dal figlio e lasciare che il padre entri in questa relazione simbiotica, ma grazie a questo gesto il bambino avrà un padre che lo proteggerà e lo condurrà verso l’esterno, il mondo.
In tutta questa dinamica mi viene in mente il riferimento biblico della nascita di Gesù. Anche in questo caso Giuseppe, concretamente oltre che simbolicamente, non è il padre naturale del bambino, ma tutta la storia del Cristianesimo si basa, a mio avviso, su due grandi atti di generosità: quello di Maria, “che ha creduto” ed ha accolto questo bambino chiedendo a Giuseppe di accompagnarla in questo cammino, nominandolo come padre e quello di Giuseppe “che ha accettato” questo compito.
Se lo ha fatto lui, che stava in una situazione abbastanza complicata, forse ci possiamo riuscire anche noi…
Di seguito è possibile vedere l’intera sequenza del film, sono 4 minuti ma vale veramente la pena…
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