La Ragazza ha volato (Italia, 2021). Regia: Wilma Labate. Interpreti principali: Alma Noce, Luka Zunic, Rossana Mortara, Livia Rossi, Massimo Somaglino
Nadia ha uno sguardo serio, sedici anni, vive a Trieste e frequenta l’istituto alberghiero. Un ragazzo gentile la conosce in un bar, le offre un ghiacciolo e la invita a uscire per una passeggiata. Con il pretesto di farle vedere una pistola la porterà a casa e abuserà di lei. Nadia rimarrà in silenzio, senza ribellarsi, senza gridare al mondo o alla polizia quanto accaduto, mentre una nuova vita inizierà a crescere dentro di lei.

Con i genitori parla a malapena, a scuola non ha amici né interessi che la spingano al di là del muro di silenzi dietro cui si è arroccata. La madre è sempre affaccendata ai fornelli, il padre una presenza priva di spessore che si limita a suggerire alle due donne di sbrigare velocemente la pratica dell’interruzione di gravidanza risolvendo così “il problema”. Ma Nadia sceglierà di tenere il bambino proseguendo il suo percorso scolastico con affanno, davanti a insegnanti impreparati a comprenderla, o per i quali forse questa capacità non è prevista tra le abilità di un educatore.
La mano dei fratelli D’Innocenzo (che la regista affianca nella sceneggiatura) pennella un soggetto di vite ai margini, senza apparente possibilità di riscatto. Giovani allo sbando e adulti insensibili, affaccendati attorno ai loro obiettivi che contemplano piccoli traguardi personali e mai una visione d’insieme.
E il girato non descrive una vicenda corale, ma tante piccole storie individuali: prive di passione, sfrangiate da egoismi, adagiate sul fondo di giornate tutte uguali. Nadia è solo uno dei tanti personaggi che abitano la storia: in un breve piano sequenza iniziale, la regia segue alcuni passanti, si sofferma su ciascuno di essi per pochi secondi e poi ne intercetta un altro, che accompagna di nuovo per un breve tratto di marciapiede, poi un altro ancora, fino ad arrivare a Nadia. Ma Nadia ha una voglia sul viso che la rende unica, anche se il silenzio che sceglie come cifra del suo rapporto con gli altri la confina su un fondale di invisibilità. Non è il suo amore che si prende lo stupratore, solo il corpo; non è l’affetto quello della madre, solo una divisione di compiti domestici.

Nadia cammina da sola per la città e continua a lasciarsi vivere fino a quando la sua scelta diventerà la molla capace di spingerla su un percorso di riscatto e di apertura a quel mondo dal quale fino a ieri era fuggita.
Il titolo, così anodino e insieme formale, racconta forse ciò che avrebbe potuto essere: le scene insistite in cui Nadia temporeggia seduta su una finestra, o alla balaustra di una terrazza, guardando il vuoto, lasciano intuire il suo desiderio di concludere il suo viaggio con un salto nel vuoto. Volare per porre fine a una vita che ha presentato solo sofferenze o volare alti sulle privazioni per trovare dentro di sé, e nel mondo, un nuovo modo di essere? Wilma Labate opta per la seconda e una città indifferente accoglierà la nuova Nadia guardandola su una barca per tornare a casa dopo il lavoro, così come qualche mese prima era stata lei a guardare l’acqua del golfo dall’alto, scendendo lungo una strada piena di pioggia.
Qualche forzatura nella storia (nove mesi raccolti in un solo interminabile inverno), alcune omissioni nella sceneggiatura, che tace della scelta di Nadia di portare avanti la gravidanza, intermezzi posticci (come il momento di autoerotismo di Nadia seduta sul water nel bagno della scuola), segnano il film con dei post it troppo gialli per passare inosservati. Ma è della famiglia la transizione meno verosimile, un insieme di persone chiuse in se stesse che improvvisamente, per il semplice arrivo di una nuova vita, si trasforma in ciò che non aveva saputo essere: un nido affettivo e una base sicura,
Alma Noce dà alla storia un corpo che si trasforma sotto occhi severi che parlano al posto suo. Una recitazione intensa che ci auguriamo non diventi una prigione, ma un trampolino per altri toni e registri, che intuiamo essere ampiamente alla portata del suo talento di attrice.
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