La sconosciuta (Italia, 2006). Regia: Giuseppe Tornatore. Interpreti principali: Ksenia Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Pierfrancesco Favino, Clara Dossena, Alessandro Haber, Piera Degli Esposti, Pino Calabrese, Ángela Molina, Paolo Elmo, Gisella Marengo, Nicola Di Pinto, Margherita Buy
Una città immaginaria di nome Velarchi, nel ricco ed operoso nord-est d’Italia, accoglie con indifferenza Irena, una donna ucraina misteriosa e di poche parole; trovando un accordo con il portinaio di un bel palazzo borghese riesce a farsi assumere per le pulizie degli spazi comuni. Nel giro di poco fa amicizia con Gina, anziana governante di casa Adacher, una famiglia di orafi con il laboratorio in casa e una figlia piccola, Tea. Quando per un incidente Gina cade dalle scale e rimane immobilizzata, Irena prende il suo posto.
Nella sua strategia del ragno che si avvicina alla preda la sconosciuta all’interno della nuova famiglia non sbaglia una mossa: puntuale, discreta, ottima cuoca, anticipa i desideri della madre di Tea, che pur intuisce qualcosa di questa donna troppo perfetta ma non sa dargli un nome. La bambina ha una malattia rara, una patologia che le impedisce di proteggersi quando cade, e spesso si ritrova coperta di ecchimosi: quando rimangono sole a casa Irena le insegna a proteggersi, difendersi dai soprusi dei compagni dell’asilo e reagire.

Non sappiamo cosa desidera Irena, se non che ha fatto l’impossibile per ottenere quell’incarico e legare a sé la bambina; tuttavia lentamente il suo passato inizierà ad emergere, fino al momento in cui le verrà chiesto il conto di un’azione compiuta molto tempo prima.
Ambientata a Trieste in un susseguirsi di interni ora borghesi ora miseri, ognuno dei quali nasconde un segreto che i suoi abitanti custodiscono, di esterni freddi e anonimi, e di ambienti di passaggio (androni, cortili) in cui si sviluppano relazioni impersonali orientate solo alla mutua convenienza, questa vicenda colpisce per il bisogno assoluto che la protagonista desidera soddisfare, a costo di passare senza alcuna remora sopra a persone che le avevano offerto una fiducia incondizionata. Cosa può spingere una donna ad annullare ogni cosa di sé, fino al compimento di un dovere quasi sacro? Quale bisogno assoluto e totalizzante la muove in mezzo a famiglie, storie e quotidianità che sente profondamente lontane? E quanto l’ordinarietà di vite borghesi è un traguardo da coltivare, rubandolo ad altri, e quanto invece qualcosa di sideralmente lontano dalla sua essenza più profonda?
Saranno i flash back a chiarire, lentamente, la genesi dell’approdo di Irena al nord Italia e i colori del suo passato: quelli luminosi di una terra capace di grandi amori, e quelli lividi e cupi di una brutalità umana che non consente né salvezza né redenzione.

Film dai toni violenti, saturi, vite scavate da fuori e da dentro, il cui spessore si misura con la grandiosità -stavolta non la banalità- del male; relazioni strumentali per chi pensa di non meritare amore, perché ogni volta le è stato tolto, fino all’ultima, la più lacerante.
Rivisto dopo 15 anni dall’uscita, restano inalterate sia la potenza del racconto che la straordinaria interpretazione della protagonista, una impressione così potente che aveva reso sfumato ogni contorno, facendo svanire dal ricordo della prima visione gran parte dello sviluppo narrativo e quasi tutti i personaggi minori. Restava a galla, visibile come una macchia d’olio su una superficie di vino rosso, la memoria di un grande dolore, forse impossibile da accogliere anche raggiungendo l’obiettivo misterioso che la sconosciuta si era dato.
Poi la vita va avanti, la macerazione della sofferenza si fa ribellione, poi sfocia in quotidianità, e alla fine si trasforma in una lenta tessitura di connessioni silenti. Non è un film sull’immigrazione, né sulla schiavitù, né su patologie da spettacolarizzare, né sull’anima di una città, né sul passato che ritorna, anche se qui lo fa eccome. E’ un film su una promessa fatta a se stessi, come quelle che nella letteratura medievale spingevano il figlio del sovrano, in punto di morte, a vendicare l’onta subita dal padre, fino ad annullare la propria vita. Una storia che racconta come un’ipotesi possa diventare reale anche quando la sua falsificazione è emersa contro ogni ragionevole dubbio.
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