LA TRILOGIA DEL SILENZIO DI DIO (2) di INGMAR BERGMAN LUCI D’INVERNO (1963) di INGMAR BERGMAN

Il silenzio di Dio ed il silenzio dell’uomo: Padre Tomas ed il Curato di Ambricourt

Ingmar Bergman non ha mai formalmente “etichettato” i suoi tre film che vanno dal 1961 al 1963 con il termine “Trilogia del silenzio”.

Ed effettivamente ci troviamo di fronte a tre opere molto diverse tra di loro, che hanno quale unico punto di riferimento, per l’appunto, il senso di tragica predestinazione del destino umano e delle sue vicende, inconciliabile con l’onnipotente presenza del Divino. E la diversità delle opere si fonda, sul piano diegetico, dal rapporto causa effetto del Silenzio rispetto alle vicende umane.

Nel primo, “Come in uno specchio”, la fonte derivava dal disagio psichico; nell’ultimo, “il Silenzio”, dal silenzio umano che in una forma perversa di metonimia insegue l’assenza divina.

In questa opera temporalmente intermedia, “Luci d’Inverno”, il silenzio di Dio tocca colui, quale entità umana, che proprio a Dio ha dedicato la propria esistenza: un Pastore. Il film, a differenza degli altri due, dove il Silenzio di Dio è oggetto di confronto in ogni caso relazionale, rappresenta un’esperienza, quella di Padre Tomas, completamente egodistonica rispetto a tutti i soggetti che ruotano attorno ad esso, e le cui vicende non condizionano la metamorfosi religiosa che sta vivendo, ma ne rappresentano una ulteriore occasione negativa di riflessione.Algot, Jonas, Marta rappresentano prototipi di personaggi, e di personalità, che interagiscono con la situazione di sofferenza mistica che Padre Tomas sta vivendo.

L’intero film è pervaso dai dubbi del prelato, che lo attanagliano continuamente, e di cui l’amore di Marta non condiviso, la psicosi paranoica di Jonas sul rischio di una guerra nucleare che lo porterà al suicidio, i dubbi ulteriormente trasmessi dalle questioni religiose poste dal suo collaboratore Algot ne rappresentano visibilmente il substrato esistenziale della fonte dei suoi dubbi. Pur tuttavia il Pastore Tomas non abbandonerà la toga.La figura di Padre Tomas è tragica. Gli ambienti ove pensa, dialoga, si strugge, sono tragici anch’essi.

Le atmosfere sono lontanissime da quelle dove l’amore verso il proprio Dio dovrebbe trascendere i corpi e trasfondere negli animi degli spettatori.Volendo fare un paragone con una figura cinematografica religiosa simile, il Curato di Ambricourt del film “Diario di un Curato di Campagna” di Robert Bresson del 1952, Padre Tomas è afflitto dal silenzio di Dio, il Curato di Ambricourt dal silenzio dell’uomo verso DIo.Il dramma del Pastore di Bergman concerne l’urlo di dolore nei confronti di un Creatore che non vede presente nel mondo, che non sa scorgere i mali terreni, che è troppo lontano dall’invocazione di coloro che popolano il suo creato. E questa cesura, questa frattura nei confronti del Divino la si ravvisa soprattutto dai sembianti di Padre Tomas, rabbiosi, nervosi, tesi, tristi soprattutto distaccati.Il Curato di Bresson è esattamente l’opposto. Il forte misticismo che si intuisce fin dai primi fotogrammi denotano, anche nel profilo estetico, una persona tranquilla, triste, dolce, apatica. Come tutti i mistici.

E come alcuni mistici portano dentro di sé un male fisico, in questo caso un tumore allo stomaco, quale sofferenza terrena trascendentale rispetto alla sofferenza sulla croce, e che sente come propria nel percorso terrestre. La frattura del Curato non è nei confronti di un Dio (come invece come Padre Tomas) che ama e sente come suo, ma nei confronti di una società borghese cinica ed indifferente che rappresenta quanto è più lontano rispetto al suo credo e nei confronti della quale non riesce ad alcun legame.

Per Bergman il rapporto uomo-Dio è fondamentale in tutta la sua filmografia. E’ notorio ciò. Ma non aveva mai, fino allora, ideato e girato un’opera che affrontasse direttamentr questo rapporto, eccezion fatta con “Il settimo sigillo”, ma nell’ambito del quale evidenzia altre tematiche. Con quale risultato? Quello rappresentato dalla scena finale, ove Padre Tomas, malgrado i suoi dubbi, officia una ulteriore, ennesima messa.

Non si possono dare risposte a ciò che non può essere risolto, quale il dubbio sulla Fede.