L’avamposto (Italia, Brasile, 2023). Regia: Edoardo Morabito. Interpreti: Christopher Clark, Edoardo Morabito

Uno scozzese che parla un italiano con accento toscano, un regista siciliano che lo raggiunge in un’area sperduta dove l’altro vive da tempo e un grande progetto che sembra impossibile realizzare. E attorno a tutto questo, a perdita d’occhio, la foresta più grande e impenetrabile del mondo: l’Amazzonia.

C’è chi si costruisce un proprio Stato su un’isola e chi su una piattaforma in mezzo al mare. Quando ha deciso di creare uno spazio ideale tutto suo, Christopher Clark non ha avuto bisogno di una bandiera, battere moneta o nominare ministri, ma solo di una fantasia libera da ogni vincolo e un’idea da portare avanti a tutti i costi.

L’avamposto che dà il titolo a questo docufilm è un luogo a 500 km da Manaus e a un giorno di navigazione fluviale dal villaggio più vicino. Si chiama Xixuaú e Christopher ne ha fatto la sua base e il suo sogno, con l’idea di partire da lì per provare a salvare la foresta amazzonica e, a modo suo, il mondo. Insieme ai suoi abitanti, una comunità di Caboclos che non ha mai visto la cosiddetta civiltà, ha tentato di fondare una società sull’orlo dell’utopia, finanziariamente autonoma grazie a iniziative di ecoturismo. Poi, allargando il suo sguardo, ha chiesto al Governo brasiliano di tutelare la zona riconoscendola come area protetta; e quando ha visto che i suoi sforzi si erano dimostrati vani, ha messo sul piatto tutta la sua fantasia, progettando di organizzare un grande concerto dei Pink Floyd alla confluenza di due fiumi, un evento da trasmettere in diretta in mondovisione. E poi, se hanno già suonato a Pompei e a Venezia, perché dovrebbero dire di no all’Amazzonia?

Edoardo Morabito segue con la sua cinepresa il peregrinare di quest’uomo tra gli indigeni, nella sua capanna dove una rete internet procede a singhiozzo, nei villaggi confinanti e in brevi sortite in città, per provare ad ottenere appoggi e finanziamenti per la sua idea. Sa che due componenti del gruppo hanno litigato tra loro ma è sicuro che saprà convincerli a ritornare insieme almeno per questa volta, per una causa impossibile da abbandonare per tutti coloro che hanno a cuore le sorti del pianeta.

Più che un dialogo tra i due protagonisti, la storia si sostiene su soliloqui che si intrecciano, inerpicandosi ciascuno sulle proprie domande. Christopher si chiede se riuscirà a realizzare la sua idea folle, Morabito se davvero l’altro crede a ciò che dice e che cerca; o se, piuttosto, non è un modo per dare senso alle proprie giornate dopo i fallimenti che hanno segnato il suo soggiorno amazzonico, con le comunità indigene che non hanno dato seguito alle sue idee di turismo e con il tempo hanno abbandonato il villaggio che lui aveva contribuito a fondare.

In questa osservazione partecipante, in cui il regista-ricercatore attraverso la sua partecipazione alle attività del soggetto studiato condiziona in qualche modo il suo agire, scopriamo che ciascuno dei due gioca una partita che non dichiara all’altro fino in fondo: l’uno vorrebbe utilizzare le conoscenze dell’altro per organizzare il concerto, l’altro vorrebbe comprendere cosa spinge il primo a spendersi in un progetto che, giorno dopo giorno, si avvicina a diventare una nuova sconfitta.