IN CHE MODO RIESCE LA CONTEA A TRASMETTERE SENSAZIONI DI PACE E QUIETE? E IN CHE MODO VENGONO INTRODOTTI AZIONE E CONFLITTO? UN’ANALISI DEL PAESAGGIO, DEI PERSONAGGI E DEGLI OGGETTI PER SCOPRIRLO.
Nel secondo articolo di questa trilogia sul Signore degli Anelli ho cercato di mostrare in che maniera gli autori della fortunata saga sono stati in grado di creare un personaggio tanto ambivalente e intenso come Gollum. In questo proverò a fare la stessa cosa, ma con un luogo, la Contea. Al pari dei personaggi, i luoghi cinematografici possiedono delle caratteristiche in grado di suscitare nello spettatore determinate reazioni psicologiche. Della Contea è stato detto e scritto che rappresenta l’idea di casa, d’infanzia, di maternità. Ma in che modo? Attraverso quali segni Peter Jackson e i suoi collaboratori hanno saputo trasmettere queste sensazioni e idee? E soprattutto come sono stati in grado di introdurre tensione in un ambiente simile in maniera da trasportare lo spettatore verso la vicenda principale?
Sotto questo punto di vista, la caratteristica fondamentale della Contea è la linea curva, un segno che permette, a mio avviso, alla Contea di ispirare in chi guarda quelle sensazioni arcadiche di quiete e armonia. Nell’articolo mi occuperò sia di come questo aspetto viene messo in risalto, sia degli elementi introdotti per creare la tensione e poi la rottura necessari allo spostamento dalla quiete della Contea all’azione della Terra di Mezzo. Tengo a precisare che scrivendo del “fallico” o del suo contrario non intendo pronunciarmi sul valore morale dei due termini, ma soltanto riferirmi al significato psicologico che questi segni rivestono.
Le forme della Contea
La Contea è quasi esclusivamente curvilinea. Lo scenario è fatto di morbide dune erbose a perdita d’occhio, ponticelli che solcano ruscelli senza argini, e anche gli alberelli che sorgono qui e là o annunciano l’inizio di un bosco sembrano circoscrivere, proteggere in un cerchio magico di tranquillità, il luogo. La presenza degli hobbit non rompe questa pace curvilinea: non vediamo mura squadrate, tetti spioventi, e anche i cancelletti che dividono le abitazioni dalle strade hanno una qualità visiva morbida, arrotondata.
Non si parla neppure di “case”, bensì di “tane” – “hobbit-holes” in inglese, letteralmente “buchi per hobbit” – scavate sottoterra e non costruite al di sopra. I termini con cui ci si riferisce a questo genere di abitazioni vengono confermati dall’aspetto circolare delle porte – che non trasportano dunque, come i portali delle nostre città antiche e medievali, in una dimensione diversa rispetto all’esterno, ma in dei suoi interstizi. Gli stessi abitanti della Contea sono tondi: paffuti, dalle spalle piccole, gli hobbit appaiono tutt’altro che minacciosi dominatori del loro territori, sono parte del paesaggio e vengono assorbiti dalle sue rotondità. I loro abiti sono comodi vestiti di campagna, un po’ stropicciati, che non intervengono sul loro aspetto ovale, quasi sferico, e rassicurante.
Ciò che sembra mancare del tutto nella Contea è dunque il fallico e con esso l’idea di cui si fa portatore: lo scontro tra forze, il conflitto. L’unico elemento di questo tipo che vediamo per un po’ nelle scene ambientate nella Contea è il cappello a punta di Gandalf. La battuta con cui Frodo lo accoglie al suo arrivo per la festa di compleanno di Bilbo comunicandogli di essere stato bollato come «disturbatore della quiete» per il ruolo giocato nell’avventura narrata ne Lo Hobbit, è molto esemplificativa: Gandalf è il portatore del fallico e del conflitto nel dominio del curvilineo e della pace.
Gli elementi di rottura
Quali altri segni ci rimandano a questo significato? Un esempio può essere la scena in cui di lì a poco il mago va a sbattere sotto una trave in casa Baggins: la sua altezza, vale a dire la sua estensione verticale, si rivela un problema, la Contea non è a misura di linea retta, e in effetti Gandalf è costretto a stare curvo o seduto, quindi a riposo, per la maggior parte del tempo.
Un ulteriore elemento di questo genere viene introdotto nel mezzo della festa per Bilbo. Si tratta di un fuoco d’artificio portato da Gandalf per la festa, che Merry e Pipino azionano per curiosità. Oggetto fallico per eccellenza, il fuoco prende le sembianze di un drago, un ulteriore rimando alla precedente avventura di Bilbo, e spaventa tutti gli invitati prima di esplodere in una spettacolare detonazione di luci.
L’Anello e l’Unheimlich: verso l’azione
Questi due episodi anticipano in maniera innocua l’ultimo elemento di rottura, stavolta definitiva, della pace della Contea, che viene introdotto al termine della festa: l’Anello del potere. Nel primo articolo ho parlato della natura pulsionale dell’Anello e della maniera in cui esemplifica il conflitto e l’intreccio tra pulsione di vita e di morte. In questa sede si può insistere in un’interpretazione psicoanalitica scrivendo che l’Anello porta con sé l’unheimlich di cui parla Freud. Un termine difficile da tradurre, che in italiano viene reso con “perturbante” e sta per la sensazione che qualcosa di familiare sia divenuto improvvisamente estraneo. Per spiegarlo si possono usare le parole di Stephen King quando cerca di spiegare cosa sia il perturbante: tornare a casa sapendo che tutti gli oggetti sono stati sostituiti con una loro copia esatta.
Si può osservare come l’Anello sia in effetti un oggetto rotondo, apparentemente in linea con il carattere della Contea, e in effetti viene utilizzato da Bilbo per tirare un ultimo scherzo ai suoi «cari hobbit» sempliciotti, scomparendo nel mezzo del proprio discorso di compleanno. Ma nella scena immediatamente successiva, l’Anello mostra il suo carattere divisivo e pericoloso arrivando a creare conflitto tra i due grandi amici, Bilbo e Gandalf. Quando viene poi lanciato nel fuoco del camino di casa Baggins per verificare che si tratti del vero Anello del potere, l’oggetto dimostra ulteriormente la sua natura.
Il fuoco, che abbiamo già identificato come elemento fallico, retto e verticale, non lo scalfisce, non lo riscalda neanche, segno che l’Anello contiene in sé una fiamma ben più rovente e assassina. Il vero dito da cui è destinato a essere indossato non è quello bonario e arrotondato del vecchio hobbit, ma quello appuntito di Sauron. L’Unico Anello rompe così la curvilinea pace della Contea e dà inizio al movimento, all’azione. Lasciamo la linea curva per incamminarci su una retta, come recitano i versi che canta Bilbo lasciando la Contea:
La Via prosegue senza fine
lungi dall’uscio dal quale parte.
Ora la Via è fuggita avanti,
devo inseguirla a ogni costo.
Per tutto il film vedremo fiamme, frecce, spade, bastoni, asce, torri, città e castelli dai tetti aguzzi. E l’elemento fallico non scomparirà più, troverà anzi la sua massima rappresentazione nella partenza sulla nave diretta oltre la Terra di Mezzo. La linea retta si realizza così nella sua tendenza all’infinito nella luce che nasconde l’orizzonte del porto da cui Frodo, Bilbo e Gandalf si congedano per sempre dagli amici della Compagnia.

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