E’ vero che siamo parlati. Da quando nasciamo, e poi lungo tutti i sentieri del nostro cammino, un coacervo di voci, parole, grida, sussurri strutturano la nostra soggettività, e senza le quali saremo monadi inespressive. Ed i significanti che incidono, quelli che penetrano nel nostro inconscio, dipendono da tutti gli Altri (umani e non) che costellano la nostra esistenza. Perche molti Grandi Altri sono Entità che trascendono il nostro essere e che sentiamo fuori e dentro di noi.
E che spesso dobbiamo affrontare, imponendoci anche delle scelte. Che forse non vorremmo mai prendere.
Non esiste un sentiero diritto, lineare, nel nostro percorso, dove i Grandi Altri, i nostri punti di riferimento, sono sempre lì ad indicarci quale sia la via giusta. Spesso non basta la magnificenza di un panorama che sublima il nostro animo, o la purezza della fauna che ci circonda. Perchè la riuscita del percorso che intraprendiamo non solo è legata alla conoscenza di quello che vogliamo, ma sopratutto se siamo sempre disponibili a non cedere mai sul nostro desiderio. Perchè? Perchè i crocevia, le biforcazioni nelle quali, volontariamente o meno, ci troviamo, vanno affrontate. Scegliendo, per forza, anche contro ciò che vogliamo conseguire.
Anni ’80. Pietro e Bruno sono due ragazzi, coetanei, forgiati pienamente dagli ambienti dove sono nati e vivono. Torino, città frenetica per il primo, il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, per il secondo.
Ma sono plasmati anche da significanti completamente dissimili, quasi antinomici tra di loro. Lo studio, il lavoro del padre, il convenzionalismo borghese per il primo; il silenzio, la conduzione degli animali, i paesaggi naurali per il secondo. La forte passione di Giovanni, il padre di Pietro per la montagna, ed in particolare per le lunghe escursioni, porta quest’ultimo, durante l’estate, a conoscere Bruno, con il quale nascerà una profonda amicizia, nutrita dalla spensieratezza propria della loro età.
Ma il correre del tempo biologico degli esseri umani dimentica, spesso, quello della primigenia spontaneità comportamentale, il fanciullino pascoliniano, e così i due amici si dividono. E mentre Bruno segue il padre all’estero, come muratore, Pietro lascia la propria famiglia a seguito di contrasti con il padre sulla scelta del proprio futuro, decidendo così, dopo aver abbandonato gli studi, di andare a vivere da solo, sopravvivendo con lavori estemporanei.
Dopo dieci anni, e dopo la morte del padre, Pietro non solo ritorna a casa dalla mamma, ma a Grana rivede Bruno, tornato dall’estero, che lo porta in un casolare abbandonato e dove gli propone, insieme, solo loro due, di ristrutturarlo, secondo la volontà di Giovanni. Sorpreso, Pietro, viene poi a scoprire che suo padre e Bruno, nel periodo dell’abbandono della famiglia, si erano continuati ad incontrare, accomunati dalla loro passione per la montagna.
La ricostruzione della casa, ed il successivo incontro di Bruno con Lara, un’amica di Pietro, e la nascita di una bambina, introducono nelle loro vite due eventi che tenderanno, in maniera specularmente inversa, a modificare le loro esistenze.
“Le otto montagne” pone all’attenzione del lettore prima, e dello spettatore poi due questioni: la ricerca del proprio desiderio e l’inamovibilità, ove trovato, delle scelte prese .
Pietro, adolescente, fugge dalla propria esistenza perchè è alla ricerca dello scopo della sua vita. Proprio perchè è diviso sulla scelta da prendere, Il suo è un movimento circolare. Fa varie esperienze per poi rendersi contro, tornando in montagna per aiutare Bruno a ristrutturare la casa, che il senso della propria esistenza trova la sua radice tra quelle montagne conosciute da bambino. Ma non in “quella” specifica montagna, non forzatamente ai piedi del Monte Rosa, ma nel grande Altro “montagna”, tanto è vero che decide di girare per il mondo esplorando varie catene montuose, e trovando, alla fine, proprio nel Nepal, la compagna della sua vita.
Non solo. Decide, nelle montagne dove il padre, con Lui o solo con Bruno, salivano, di ripercorrere quegli stessi sentieri, ritrovando, nelle cassette nascoste sotto i sassi che normalmente gli scalatori lasciano quale testimonianza della propria presenza, i diari suoi o di Giovanni. Diari che rappresentrano non solo un rimosso statico, inerte, ma che gli consentono di riattivare, retrodatandolo, il perchè di alcune scelte, comprendendo anche il male che aveva cagionato a suo padre..
Bruno invece aveva gia scoperto il proprio desiderio, sapeva già che il suo obiettivo era legato a “quella” montagna , e coerentemente, radicalizza la propria scelta, procede ad una fissazione che non lascia possibilitò di margini per ulteriori iniziative.
Il suo è, pertanto, un movimento vettoriale, fisso, rigido, una scalata che non consente ritorno, ma che sopratttuto, butta già tutti coloro che non riescono a seguirlo.
Per questo il grande “Altro” di Bruno non è una esperienza di vita, non è fonte di nuove conoscenze, di crescita personale, portatrice di diverse esperienze, come è invece quella di Pietro. Ma è coazione a ripetere,
Diventerà, consequentemente, un’esperienza di morte nel momento in cui Bruno decide di nascondersi dentro quella montagna, rifuggendo un mondo, quello di Lara e della sua bambina, e dei problemi economici che stavano avendo, che non poteva comprendere e responsabilità che non voleva accettare.
Ma soprattutto, ed amaramente, Bruno non ha accettato l’aiuto di Pietro.
Non accorgendosi che i percorsi della nostra esistenza, anche quando si è certi del desiderio che si vuole conseguire, sono troppo irti di ostacoli per percorrerli da soli.
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