Lulù – Il vaso di Pandora (titolo originale Die Büchse der Pandora, Germania, 1929). Regia:Georg Wilhelm Pabst. Interpreti principali: Louise Brooks, Fritz Kortner, Franz Lederer, Carl Goetz, Krafft-Raschig, Alice Roberts, Daisy d’Ora, Gustav Diesel
Tra le poche attrici americane che cercarono, trovandola, la propria fortuna nel vecchio continente, facendo così il viaggio opposto dalla mecca del cinema verso le sue origini, Luoise Brooks ammaliò l’Europa spensierata che stava marciando inconsapevole verso il nazismo. Lo fece con due film di Pabst, entrambi del 1929, che consegnarono la sua immagine inconfondibile all’idea collettiva di donna affascinante e indomabile, quanto l’icona di Marilyn, 30 anni dopo, rappresentò invece la femmina fragile e accogliente.
Un film muto di oltre due ore può apparire ostico agli occhi dello spettatore odierno: la ricerca di sensazioni forti, di pensieri veloci, di distrazione pronta a orientarsi su tanti orizzonti cozza potentemente con la ricerca di una profondità di campo scandagliata nell’anima di una storia. Ma uno dei pregi di questa modernità galoppante è quello di poter scegliere, tra le infinite possibilità offerte dalla rete, quelle che più si avvicinano al nostro modo di leggere il mondo. Così youtube può raccontare storie come questa senza i costi del diritto d’autore o i gravami di recensioni affrettate, aprendoci alla bellezza assoluta dell’espressionismo tedesco, al tratto melodrammatico della recitazione, a sguardi di una modernità sconvolgente e alle sovrapposizioni tra il tema (l’archetipo femminile che racchiude tutti i guai del mondo) e la trama (la sua parabola in mezzo agli uomini che cadono davanti a lei come birilli colpiti da una palla da bowling).

In realtà il gioco del nostro sguardo, sostenuto anche da una semplice curiosità per ciò che non conosciamo, può spaziare lungo i tanti sentieri della narrazione soffermandosi sugli anfratti più oscuri e pronti a farsi scoprire. Si tratta di volerlo, di nutrire la nostra curiosità con occhi aperti alle novità che arrivano dal passato, foss’anche solo per comprendere come oggi molto, moltissimo, si ispiri a storie di tanti anni prima.
Il film narra la parabola di Lulù, una ragazza piena di vita e di voglia di arrivare in alto utilizzando il fascino magnetico del proprio corpo e uno sguardo che non cessa di sedurre: dapprima si lega al dr. Schön, uomo maturo che però fiuta il pericolo incombente e la allontana, scegliendo come promessa sposa una donna dell’alta società. Una volta ottenuta la scrittura per un’opera teatrale ne seduce il figlio Alwa, un musicista che sta lavorando allo stesso progetto, e poi la contessa Anna Geschwitz, con cui manterrà per tutta la storia un legame equivoco.

La sua abilità di manipolatrice è pari alla freschezza dei suoi movimenti, all’apparente innocenza delle sue trame. Lulù vuole tutto e subito, e così durante le prove dello spettacolo attira nuovamente a sé Schön per baciarlo, proprio mentre la fidanzata sta entrando nel camerino. Il matrimonio sfuma e sarà Lulù a sposarlo, sapendo dentro di sé che tale scelta segnerà la sua fine. Dopo la morte di Schön e il processo per omicidio, per la protagonista inizierà un’odissea che la condurrà fino a Londra, negli anni in cui Jack lo squartatore terrorizzava la città.
Esistono una decina di libri intitolati “Il vaso di Pandora”: manuali di psichiatria, storie fantasy, rivisitazioni più o meno allegoriche di uno dei miti greci più conosciuti. Pabst trasse il film da due tragedie di Frank Wedekind, Lo spirito della terra e Il vaso di Pandora, che costarono all’autore, figura eccentrica e multiforme della cultura tedesca dell’epoca, più di uno scandalo. La pellicola si identifica totalmente nella sua protagonista, risuonando delle sue emozioni, dei tratti del suo carattere e della potenza di un desiderio mai domo. Come se Lulù non potesse perdere nulla di ciò che si parava dinanzi al suo sguardo, dimenticando però subito la sua ultima conquista per puntare un nuovo obiettivo. Una bulimia consumistica di affetti e sentimenti, corpi e pensieri, che la spinge sempre oltre, come se gli scaffali lungo i quali spinge il carrello dei propri bisogni potessero non finire mai.
Il suo caschetto inconfondibile, mutuato da Crepax per la propria Valentina, rimane oggi nella mente di chi ha sempre sognato un incontro con una donna così, sapendo in cuor suo, come il dr. Schön, che non sarebbe stato in grado di sopravvivere.
iscriviti alla newsletter di cinema e psicologia!
PILLOLA AZZURRA NIENTE NEWSLETTER. PILLOLA ROSSA: VEDRAI QUANTO È PROFONDO IL SITO DI CINEMA E PSICOLOGIA
Riceverai direttamente al tuo indirizzo e-mail:
• Le liste dei film suddivisi per tematiche psicologiche
• Psico-Recensioni di film in uscita
• I prossimi eventi di cinema e psicologia
Grazie per la tua sottoscrizione!