Monica (Italia, USA, 2022). Regi: Andrea Pallaoro. Interpreti principali: Trace Lysette, Patricia Clarkson, Adriana Barraza, Emily Browning, Joshua Close
Monica vive a Los Angeles ed è una donna di una bellezza abbagliante. Durante il suo lavoro viene interrotta da una telefonata che arriva da lontano: la cognata la avverte che la malattia della madre si è improvvisamente aggravata e le resta poco tempo. Così molla tutto e corre al capezzale della madre, che vive in Ohio nella casa in cui lei è cresciuta, e dove viene accudita dal fratello Paul, da sua moglie e da Leticia, un’amorevole badante messicana.
Il viaggio di Monica non si sviluppa solo lungo un’autostrada che collega due Stati, ma è un viaggio nel tempo della sua infanzia e nella frattura di un distacco mai elaborato. Quando è partita Monica era ancora un uomo, tanto che al suo arrivo il fratello stenta a riconoscerla ed Eugenia, la madre malata, non riesce a capire chi sia questa strana donna che gira per casa. L’incontro tra la famiglia tradizionale, con tre figli piccoli, molta tolleranza e molti silenzi, e la discrezione elegante di Monica, sembra l’atterraggio di un idrovolante su un lago tranquillo: poca scia, poco rumore, e un apparecchio che presto galleggia sull’acqua come se non se ne fosse mai staccato.

Tutto molto cortese, niente domande e poche curiosità da soddisfare. Monica rimane ancorata a un amore che le manca, e al quale si rivolge con molte telefonate. E’ lì con la madre, nella casa in cui è cresciuta, ma nello stesso tempo è rimasta in un limbo dove gravitano i suoi pensieri, abbarbicati al desiderio di farsi consolare dall’uomo che ama. Il processo di individuazione di Monica è accompagnato dall’avvicinamento tra questi due mondi così differenti, scandito da segnali quasi impercettibili. L’accoglienza e l’affetto che inizia a riservare ai tre bambini, il dialogo che lentamente si apre con il fratello, i gesti di cura per la madre. Basta un attimo, ma come accade spesso cambia il volto ad ogni cosa: non sentendosi accettata fino in fondo Monica prende la macchina e fa per tornare verso Los Angeles. Ma un sussulto, una diversa consapevolezza di ciò che è iniziato, la fa tornare indietro.

La madre, che non aveva saputo accoglierla e l’aveva spinta ad andare lontano e costruire da sola la propria vita, è ora un corpo che si spegne e accanto al quale Monica decide di sostare sempre più spesso.
L’idea che abbiamo delle persone che avviano un percorso di transizione è spesso stereotipata: le immaginiamo sopra le righe, pronte a stupire ad ogni costo e prendersi la ribalta. Forse perché la società non offre loro un accesso diretto al mondo degli adulti e così sono costrette, per farsi riconoscere, ad alzare i toni, a vivere di seduzione e di richiami sessuali. Monica tuttavia è altro: misurata, elegante, curata, mai una parola di troppo, un gesto teatrale, un’emozione sovraesposta.
Il formato dello schermo è quasi quadrato (1.2:1), un espediente stilistico sempre più frequentato nel cinema contemporaneo. Forse per sottolineare l’elemento contenitivo, o forse per trattenere meglio un microcosmo familiare e le forze centrifughe che l’hanno caratterizzato, e che potrebbero farlo anche con il figlio preso in giro a scuola dai compagni, perpetuando così una diversità nuova ma non per questo meno dolorosa. Ma Monica e le tre generazioni che la stanno accompagnando, insieme, hanno imparato ad affrontare i fantasmi della diversità e costruire con volontà e determinazione una nuova strada.
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