Mysterious Skin (USA, NL, 2004). Regia: Gregg Araki. Interpreti principali: Joseph Gordon-Levitt, Brady Corbet, Michelle Trachtenberg, Jeffrey Licon, Bill Sage, Mary Lynn Rajskub, Elisabeth Shue, Lisa Long, Chris Mulkey.

Ma se capirai se li cercherai
Fino in fondo
Se non sono gigli son pur sempre figli
Vittime di questo mondo.

Fabrizio De Andrè, Città vecchia, 1966

A inizio anni Ottanta in una cittadina della provincia americana due ragazzini di otto anni giocano nella stessa squadra di baseball. Neil è il più bravo e si impegna sempre al massimo per rendere felice il suo coach; Brian invece, occhialuto e imbranato, è forse il giocatore più scarso, ha sempre la testa da un’altra parte, e presto comincia ad avere strani incubi popolati di alieni che lo hanno rapito. Finita l’estate ricomincia la scuola e i due si perdono di vista. La mamma di Neil, una donna giovane alla continua ricerca dell’uomo della sua vita, ama il figlio con una distrazione affettuosa mentre i genitori di Brian sono troppo  impegnati con il lavoro per provare a comprendere cosa si nasconde dietro le amnesie, gli svenimenti e i sogni di extraterrestri del figlio.

Crescendo Neil vive una sessualità gay priva di limiti e rimorsi, facendosi pagare da maschi adulti senza nascondere nulla a Wendy, una coetanea segretamente innamorata di lui.

Brian invece, durante la sua continua ricerca di demoni invisibili, entra in contatto con una ragazza di trent’anni che ha raccontato in tv di essere stata rapita dagli alieni. Tanto uno appare risolto, disinibito e pronto ad affrontare il mondo a testa alta, quanto l’altro è timido e silenzioso, ostaggio di quel momento di buio che risale a un’estate lontana e sul quale non è mai riuscito a fare luce.

Nella sua ricerca Brian scopre dove abita Neil, ma arriva  appena dopo che questi è partito per New York, dove raggiunge Wendy e si dedica in modo sempre più pericoloso alle proprie avventure. Al suo ritorno si incontreranno, scoprendo di aver condiviso in quell’estate lontana un’esperienza impossibile da raccontare.

Tratto dall’omonimo romanzo di Scott Heim, pubblicato otto anni prima, il film racconta la ferita originale inferta da un adulto a due bambini, con la quale per tutta la vita dovranno fare i conti, e le azioni che ciascuno dei due utilizza per fronteggiare il proprio dolore. I meccanismi di difesa scelti da ciascuno divergono profondamente: l’uno si lascia andare a una sessualità che lo spinge sempre più a cercare il limite di non ritorno. L’altro scivola dal piano razionale a quello fantasmatico, dando corpo a un mondo alieno capace di spiegare, a sé e alla propria famiglia, le reazioni incontrollate del corpo e della mente. Ma entrambi cadono preda della propria dipendenza, che sia il sesso come declinazione di potere o mondi estranei al proprio come proiezione verso una realtà più accettabile. Il loro incontro sarà l’epifania da entrambi cercata per strade differenti e scoscese, unificate da una profonda incapacità di amare.

Materia incandescente, quella della pedofilia, trattata con rispetto e profonda sensibilità dal regista. Che va oltre al canone minimo richiesto, quello del non giudizio, rappresentando il coach, i ragazzi, e le proprie famiglie, con i limiti e le motivazioni che ciascuno coltiva. Va oltre perché riesce a raccontare una storia attraverso l’empatia che permea ciascuno dei personaggi e stempera la loro rabbia. Così il peccato originale, la cacciata dall’Eden, diventa un percorso salvifico irto di ostacoli, spesso inconsapevole nei gesti, ma sempre ricercato come un approdo necessario.