E’ possibile aprirsi al mondo mantenendo intatte la proprie differenze?
Da questa riflessione prende spunto il film “Nessun uomo è un’isola” di Dominque Marchais, uscito nel 2018.
Ed è proprio oggi, nel mezzo rovente di un mondo che sta imparando a sue spese ad interfacciarsi con il male, che vorremmo ricordare alcune interessanti riflessioni. Un riparo dai bombardamenti (reali e mediatici) a cui siamo sottoposti e da cui non possiamo né sappiamo difenderci.
Non entriamo in merito di giustizia, ragioni, torti, non parliamo di Guerra, ma proviamo a parlare di Pace in tempi di Guerra. Un cambio di prospettiva sulle cose non è il magico antidoto per uscire da quello cha sta accadendo, ma la bacchetta magica lasciamola alla Rowling e ai suoi incredibili personaggi. Per quanto ci riguarda, partiamo da quello che siamo, che sappiamo e che possiamo fare nel nostro infintesimale potere come individui.
“Nessun uomo è un’isola” regala una serie di importanti spunti circa il modo di reagire alle cose che ci accadono e sui cui non abbiamo nessun potere. Imparare a concentrarci sul nostro modo di affrontare il problema invece che sul problema stesso ha un potere enorme: quello di spostare l’attenzione da un oggetto che non possiamo cambiare ad un atteggiamento che sappiamo modificare.
Marchais traccia un parallelo fra lo spazio geografico, il continente e il genere umano mettendo sullo stesso piano la questione spaziale, quella del paesaggio e la politica della cooperazione, solidarietà e cambiamento.
Ecco, politica della cooperazione. Parto da questo per ricollegarmi alla domanda iniziale e fornire uno spazio di scambio di opinioni, rispetto al momento storico che stiamo vivendo:
E’ quindi possibile aprirsi al mondo mantenendo intatte le proprie differenze?
Il film mette in scena i concetti di cultura della partecipazione e di coesione sociale non come qualcosa a cui auspicare o realizzazioni utopiche di un mondo nel caos.
Quello che Marchais vuole esprimere nella sua pellicola è la possibilità di vivere in questo modo partendo da un concetto basilare che forse nessuno dovrebbe mai davvero dimenticare e a cui prestiamo sempre troppa poca attenzione: non c’è una soluzione immediata, non esiste una risposta coesa, proprio perché siamo per definizione frammentati, coabitano dentro di noi si e no, bene e male, giusto e sbagliato.
Ed è da questo che dobbiamo partire, dall’unica cosa sicura, ossia che non ci sia nulla di ovvio. Ma tutto questo è più facile da accettare e quindi da trasformare nel tempo se la smettessimo di considerarci individui isolati. Il titolo rimanda alla poesia di Jhon Donne che descrive non solo l’importanza ma la necessità di rimanere uniti nei momenti delle avversità. Ecco, questa forse è la parte fondamentale e il messaggio che lo stesso Marchais vuole trasmettere: non importa quante siano le differenze, non importa quanto queste ci facciano sentire isolati, diversi e spaventati. Non conta con quanta forza e cecità decidiamo di difenderci dall’esterno convinti che non sia in grado di capirci, ascoltarci accoglierci. Così come non conta la paura di perdere la nostra identità fagocitata da qualcuno o qualcosa che riteniamo “più forte di noi”.
Quello che fa la differenza, l’unica cosa realmente capace di mettere a tacere tutto questo chiacchiericcio incendiario è essere in grado di non isolarci. Nessun uomo è un’isola, appunto. Nessun uomo, da solo, può pensare di farcela, non saremmo nemmeno in grado di sopravvivere a noi stessi sul lungo termine. Sapere chi siamo ci rende quello che siamo e questo non ce lo porterà mai via nessuno. Siamo tutti così impegnati a difendere la nostra visione delle cose che finiamo con il perdere il senso di queste cose.
Concludo con la presentazione del film, che ognuno di noi può parafrasare e portare alla realtà di quello che stiamo vivendo oggi, non dietro una telecamera in un set cinematografico, ma nella realtà di una quotidianità che dobbiamo imparare a proteggere. Insieme.
“…Nessun uomo è un’isola, un tutto, completo in sé stesso; ogni uomo è un frammento del continente, una parte del tutto; se il mare porta via una zolla di terra, l’Europa ne viene sminuita, come se le onde avessero spazzato via un promontorio, la casa dei tuoi amici o la tua; la morte di ogni uomo mi sminuisce, perché appartengo alla razza umana; quindi, non chiedere mai per chi suona la campana: è per te che suona.”
Come dice uno dei protagonisti del documentario: “È inutile avere la propria bella casetta se fuori regnano i bombardamenti”.
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