Purtroppo il nuovo lavoro di Jordan Peele lascia interdetti. Si ha la sensazione di aver visto un film forzatamente oltre le righe che vuol giocare sull’assurdo a tutti i costi tentando di usare un neo linguaggio per definire concetti socioculturali ormai noti. E’ che nel voler cercare di proporre qualcosa di nuovo certe volte si rischia di perdere di vista la fluidità della storia, il rapporto con i personaggi e il tema del racconto che ne determina il genere. E l’orizzonte dello spettatore si dissolve.

L to R: Daniel Kaluuya, Keke Palmer, and Brandon Perea in NOPE, written, produced, and directed by Jordan Peele.

Giocare con gli Ufo cercando di definirli con il neologismo Uap, ovvero fenomeni aerei non identificati è già inutilmente rischioso ma inserire scimpanzè come spaccatura decontestualizzante e forse spiazzante nella trama lo è anche di più. Tornano alla mente le scimmie vere e mimate di The Square, un film veramente spiazzante e politicamente incorretto.

Qui purtroppo invece si svolazza e si digerisce tra le nuvole un déjà vu fatto di troppe citazioni, frasi criptiche di personaggi new age e un abbozzo di rapporto fraterno, che avrebbe potuto almeno aprire uno spiraglio interessante nelle relazioni familiari e che invece risulta superficiale e incompleto nelle sue peculiarità e scontato nei suoi scambi dialogici.

I protagonisti tutti risultano appena abbozzati, monadi legati da una interrealzione approssimativa che non coinvolge e li rende immediatamente dimenticabili.

Alla fine tra dramma, commedia, horror, note ironiche e palloni visionari si esce dalla sala buia un pò come sgualciti come dopo un rigurgido.