Ovunque proteggimi (Italia, 2018). Regia: Bonifacio Angius. Interpreti principali: Alessandro Gazale, Francesca Niedda, Gavino Ruda, Mario Olivieri, Anna Ferruzzo, Teresa Soro, Antonio Angius.

A volte capita che la vita non stia andando per il verso che vorremmo, ne abbiamo una vaga indistinta percezione; ma poi gli automatismi maturati con il tempo, dai quali è difficilissimo svincolarsi, ci rimettono lungo le strade a noi note e le cose continuano ad andare avanti nella direzione consueta. Capita però anche che arrivi una smagliatura, un’imperfezione, una frattura, e improvvisamente tutto sia rimesso in gioco. A quel punto la bussola si rompe e siamo costretti a navigare a vista in un mare che non conosciamo, mentre nuvole nere si profilano lontane.

A 50 anni Alessandro vive una vita nomade da cantante di feste patronali nell’interno della Sardegna. Abita insieme alla madre anziana, beve spesso, gioca alle slot quel che guadagna e tira mattina alla ricerca di qualche ragazza con cui divertirsi. Una sera, dopo uno spettacolo, il musicista con cui lavora da una vita gli dà il benservito e lo lascia senza più un alcuna base, musicale o professionale. Al termine di quella stessa notte perde la bussola e comincia a rompere tutto ciò che trova, fino a quando viene bloccato dalle forze dell’ordine e costretto a un ricovero coatto in una struttura psichiatrica. Lì incontra Francesca, 35 anni e un figlio di 5 di nome Antonio, che il tribunale le ha tolto per affidarlo a un’altra famiglia.

Si parlano a fatica, ma in qualche modo sentono dentro di sé che la persona che hanno appena incontrato potrebbe essere la risposta alle proprie pene. Decidono così di partire nel silenzio ventoso di un’estate sarda, per trovare il bambino e provare a ricominciare su una strada diversa.

A volte un piccolo film può rivelarsi una perla preziosa. Se la sinossi racconta una storia di due vite ai margini già scritta, e vista, e rappresentata, e conosciuta, lo sviluppo prende alla pancia e non lascia più spazio per altri pensieri. Il punto di rottura dell’equilibrio arriva subito, e da quel momento è un crescendo verso una dimensione autodistruttiva che si placa, per un attimo, in questo incontro inatteso. Un obiettivo è quello che manca ad Alessandro, e Francesca glielo offre sotto forma del suo amore per un figlio che le istituzioni hanno allontanato da lei. La Sardegna dell’interno, i tralicci, le aree di servizio lungo strade assolate, sono stazioni di un percorso che non segue un piano, ma solo emozioni che si sedimentano l’una sull’altra. Un piano così improvvisato non avrebbe alcuna possibilità di realizzarsi, soprattutto quando si rendono conto che la polizia li sta cercando. Ma è il ritmo della casualità, della musica, di un’altra serata musicale in un paesino dell’entroterra sassarese, a dar loro un’altra possibilità, forse l’ultima.

Nessuno dei due cambia il proprio modo di essere, viene miracolato lungo il percorso da una mano invisibile che impone di non bere, non giocare, non perdere la calma nelle situazioni di stress: entrambi continuano a essere ciò che erano prima, pervasi da una fragilità profonda e impreparati ad affrontare il mondo. Ma qualcosa di più profondo e silenzioso ha cominciato a scavare dentro queste due solitudini, un amore più grande di quello fisico, un traguardo più importante di ritrovare un figlio. Il dare senso alla propria vita, non attraverso un’azione eversiva, dirompente, che sia in grado finalmente di scompaginare le carte di sempre e travolgerla; ma con un nuovo modo di leggerla, osservandola con curiosità, e dandosi il permesso di scriverne un nuovo sviluppo.