“Se la malafede è possibile, è perché essa è la minaccia immediata e permanente di ogni progetto dell’essere umano, è perché la coscienza nasconde nel suo essere un rischio permanente di malafede. E l’origine del rischio è che la coscienza, nel suo essere e contemporaneamente, è ciò che non è, e non è ciò che è”
Stralcio da “L’essere e il nulla” di Jean-Paul Sartre (1943)

Essere ed apparire: 0.44.290.44.29.

E’ l’attimo in cui la pellicola di “Persona” brucia. E’ il termine di un percorso, ma anche l’inizio un altro, che sarà quello che strutturerà il primo. E’ anche il momento in cui “Persona”, da film, diventa un capolavoro della cinematografia mondiale.

L’opera di Bergman prende le mosse dalla scelta di Elisabeth Vogler, nota attrice di teatro, di creare un diaframma conflittuale tra sé ed il mondo. Decisione tanto improvvisa quanto drastica, plateale, che si concretizza nel silenzio. Il

nulla verbale, la consapevole scelta di chiudersi nel suo mutismo, volontà di non voler più apparire, ma di essere. Scelta criticabile, e criticata dalla dottoressa che ha in cura Elisabeth, che vede in questo atteggiamento apparentemente anticonformista l’elusione dalla presa di coscienza del suo essere e dei suoi problemi. Una sensazione, del resto, di cui diventerà consapevole la stessa Elisabeth quando, in televisione, guarda atterrita un bonzo che si dà fuoco in mezzo alla folla, reale figura di rivolta asiatica al sistema nettamente antitetica rispetto al lassismo occidentale oramai frutto della società di benessere, e di cui la stessa Elisabeth è figlia.

Malgrado ciò il non-gesto di Elisabeth attira tutta l’attenzione ed ammirazione di Alma, un’infermiera alla quale gli viene attribuito il compito di seguirla in un percorso di guarigione. Ed è l’inizio di un particolare rapporto, che prosegue nella solitaria casa al mare della dottoressa dove le due donne si rifugiano. Alma è attratta dalla figura di Elisabeth. Ma è anche attratta dal suo silenzio, che gli consente a Lei di aprirsi, di raccontare il suo mondo, con l’ingenua convinzione di essere ascoltata, compresa, di suscitare l’interesse della sua paziente.

Logicamente, non essendoci riscontro ad alcuna parola di Alma, il processo di soggettivazione è unilaterale e quindi anomalo. Ma Alma è felice così. La gioia dell’Uno nasce dal silenzio dell’Altro. Elizabeth ad un certo punto scrive una lettera alla sua dottoressa nella quale non si limita a raccontagli il suo stato, ma anche a parlare di Alma: gli scrive che forse si è innamorata di Lei, di storie confidenzialmente raccontate su un’orgia avvenuta su una spiaggia, del successivo aborto, e che “era divertente studiarla”.

Alma leggerà questa lettera, e da quel momento “Persona”, ed esattamente dal minuto 0.44.29, si trasforma un altro film.

La calda osmosi, a tratti saffica, di queste due donne si trasforma in un doppio infernale. Il dolce abbracciarsi della prima parte fronteggia l’algida fusione sembiantica nella seconda. Gli sguardi frontali lasciano il passo alle sovrapposizioni. Alma non accetta quella lettera. E’ un tradimento non solo alla fiducia riposta in Lei, ma è un’offesa nei suoi confronti, è la prova di una diversità culturale e professionale che aveva accantonato ambendo ad una posizione identitaria (non solo fisica) con la sua amica.

La natura della malafede di Elisabeth è la stessa tratteggiata da Jean Paul Sarte nel suo libro, “L’essere e il Nulla”, pubblicato nel 1943. Non si subisce la propria malafede, non si è “affetti” da malafede, non è uno stato. La coscienza si contamina da se stessa di malafede. Soprattutto, a differenza della menzogna, danneggia chi la fa. Perché? Perché si mira a sfuggire e sé stessi, tentativo impossibile.

Qui la malafede non si fonda nella derisione di Alma, ma in qualche cosa di più grave: Elizabeth tradisce sé stessa. Svela la sua maschera. Sta cercando di sfuggire a quello che non può sfuggire. Poco importa che non avviene verbalmente, ma graficamente, quello che importa che l’Altro Elma comprende la vera coscienza di Elisabeth.Come reazione, Alma diventa Elisabeth nella parte più cruda, reale. E’ Alma che si trova davanti al marito di Elisabeth e a Lei si sostituisce del tutto. E’ Alma- Elisabeth che parla ad Elisabeth del rapporto del figlio di quest’ultima (Lei che ha dovuto abortire), della sua storia, del perché lo voleva morto, e del perché la sua presenza gli crea inquietudine.Il film finirà come ovviamente doveva finire.

Il taglio, non solo della pellicola, si concretizza del tutto: le due donne si lasceranno.

Ma la cesura, non riguarda solo il trauma della loro relazione. Bergman, con i vari riferimenti alla sofferenza del Cristo, o di un animale sgozzato, o al carattere totalizzante della finzione cinematografica, pone seri e secondo me inquietanti e nichilistici interrogativi sulle relazioni umane, e sui drammi che il permanente conflitto tra l’essere e l’apparire, figlio della nostra società, che non può non fare i conti con la nostra reale coscienza, sta comportando.