Pleasure (titolo originale Jessica; Svezia, Olanda, Francia, 2021). Regia: Ninja Thyberg. Interpreti principali: Sofia Kappel, Revika Anne Reustle, Kendra Spade, Zelda Morrison, Evelyn Claire, Mark Spiegler, Chris Cock
Secondo la Regola 34, se una cosa esiste su internet, allora ne esiste anche la versione porno. E in effetti la tematica del porno in rete è un tema pressoché rimosso dal dibattito collettivo, pur riscuotendo l’attenzione e le migliori energie di moltissimi spettatori.
Ninja Thyberg è una regista danese che, dopo alcune esperienze di corti, ha esordito nel lungometraggio mettendo in scena la versione odierna del sogno americano secondo la regola 34. Un Paese dove tutto è possibile, e dove la volontà di arrivare, unita ad una ferrea determinazione e al duro lavoro, consentono di raggiungere il successo.
E Bella Cherry, nome d’arte di una giovane ragazza svedese che in realtà si chiama Linnèa, arriva a Los Angeles con la ferma intenzione di sbancare nel porno. Bionda, ma esotica in quanto europea, armata di una buona dose di cinismo, inizia la sua gavetta dai gradini più bassi, produzioni scalcinate che però le offrono la possibilità di farsi conoscere. I ritmi che conducono Bella alla registrazione di una scena su un set porno sono sempre identici: la ragazza viene ricevuta in una villa o in un magazzino attrezzato, firma alcuni documenti di liberatoria, le viene spiegata dal regista per sommi capi la scena e viene rassicurata sul fatto che in qualsiasi momento desideri può decidere di fermarla: se prova dolore, o se ha cambiato idea, è sufficiente che dica “basta”; in teoria ha il pieno controllo su ciò che accadrà sul set. Poi le vengono presentati i partner con cui dovrà interagire, e dopo che il ghiaccio viene rotto viene dato il ciak. Apparentemente c’è attenzione e rispetto, ma in realtà le fasi che precedono il girato costituiscono un obbligo giuridico, per scongiurare una causa civile, e poi una semplice convenienza formale, per mettere a proprio agio la donna e sperare che non faccia i capricci.

Seguiamo Linnèa nella casa dove alloggia appena arrivata, con altre ragazze con cui giorno dopo giorno stringe un’amicizia, destinata però a essere messa in discussione quando rischierà di compromettere la carriera. La vediamo sul set, inizialmente disorientata, ma con il tempo sempre più a proprio agio. Bella Cherry sale gli scalini del porno uno a uno, avvicinando l’agente top, dichiarandosi disposta a tutto, e portando a termine scene molto forti. Ma la volta che non ce la fa il castello crolla e la vera nudità della relazione, non quella dei corpi, viene finalmente a galla. E questa strada in continua salita ha un costo nei confronti dei rapporti sinceri, quelli che non sono mediati dal denaro, generatore simbolico di ogni valore sul set e nelle occasioni di incontro con i colleghi e le colleghe dello stesso ambiente. Tutto è di plastica, dalle colonne doriche delle ville sfacciatamente lussuose dei produttori, alle erezioni degli attori protagonisti, che contrariamente alle proprie partner non hanno la possibilità di fingere un’eccitazione che non arriva e sono costretti a ricorrere a supporti chimici.

La colonna sonora alterna arie di opera a musica elettronica, forse per delimitare uno spazio potentemente contemporaneo in cui si dispiega però un percorso senza tempo, quello della scoperta del sé. Il dietro-le-quinte, prima o dopo le scene, mostra un’umanità che si accanisce nel lavoro che la sorte o il desiderio le hanno dato, dove le relazioni umane, pur nel massimo dell’intimità fisica, non sono contemplate. La voce roca di Linnéa, i suoi silenzi, le sue incertezze iniziali fanno di lei una ragazzina smarrita che si ritrova in una selva oscura abitata da lupi, dei quali però impara rapidamente le tecniche di caccia e le modalità di lotta. E il suo desiderio di sfondare nel cinema riporta alla mente Bellissima di Visconti, in cui Anna Magnani faceva di tutto per consentire alla sua bambina di diventare una stella di Cinecittà.
Lo star system del porno è in mano a uomini, e le donne sono solo carne da telecamera: ma se una donna arriva in cima, se riesce a sopravanzare tutte le altre, non è anche lei entrata a far parte del branco dei lupi?
Linnéa adesso sa cosa si può permettere di fare, e lo fa senza remore nei confronti di Ava (e chissà se è un velato riferimento alla Eve Harrington di Eva contro Eva), quell’attrice che le sembrava irraggiungibile e con la quale è arrivata a girare una scena saffica. Lo fa con una rabbia profonda, scambiata dai maschi della troupe come climax drammatico, e in questo cortocircuito tra pensiero ed effetto Linnéa riesce a essere finalmente se stessa, sfogare la propria rabbia, vendicarsi delle meschinità che ha dovuto subire.
Il prezzo da pagare sarà la solitudine, con una madre che continua a crederla impegnata nel suo stage americano e le amiche degli esordi che si sono ormai allontanate, lasciandole come unica compagna di strada un’inestinguibile brama di successo.
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