PRISONERS: “L’unica cosa che sta tra te e la morte sei tu.”
Prisoners è un film thriller-drammatico del 2013 diretto da Denis Villeneuve della durata di 153 minuti interpretato da Hugh Jackman (Wolverine) e dal premio Oscar Jake Gyllenhaal.
In una apparentemente tranquilla cittadina dello stato della Pennsylvania durante i festeggiamenti per il giorno del Ringraziamento due bambine, Anna e Joy, di sei e sette anni, spariscono alla ricerca di un fischietto rosso, perso nelle vicinanze delle loro case.
Le ricerche, affidate al detective Loki, iniziano da un camper parcheggiato davanti alle loro abitazioni. Loki ritrova in fretta il camper, con alla guida il giovane Alex, che evidenzia fin da subito una incapacità di intendere e di volere.
Keller, il padre della piccola Anna, non convinto dell’innocenza di Alex, intraprende una serie di indagini personali che lo porteranno ad una spirale crescente di violenza che sfocerà nella tortura e segregazione di quest’ultimo, al fine di estorcergli qualche informazione utile. Le uniche parole criptiche che usciranno dalla bocca di Alex sono:” Io non sono Alex. Sono nel labirinto”.
Keller decide di far visita alla zia affidataria di Alex, Holly Jones, un tempo donna particolarmente religiosa che dopo la morte del figlio ha rinnegato la Chiesa. Durante l’incontro Keller e Holly parlano del marito di lei, misteriosamente scomparso dopo una lite.
Parallelamente il detective Loki indagando su altre piste scopre il cadavere di un uomo mummificato nella cantina del prete e in casa di Bob Taylor, un ragazzo evidentemente disturbato, delle casse contenenti serpenti ed indumenti per bambini sporchi di sangue tra i quali i genitori ne individuano alcuni appartenenti alle bambine.
I serpenti in questo caso rappresentano una evidente antitesi che fa da contrasto alla religione, punto centrale della società che fa da scenario al film e che in realtà si scoprirà essere marcia proprio dall’interno e da molti anni.
Il mistero si infittisce e la verità è ancora lontana ma da questo punto in poi tutti gli elementi raccolti da Loki inizieranno ad assumere significato fino ad arrivare a ciò che ha dato inizio a tutto: il fischietto rosso.
Fischietto rosso come simbolo di fuga, di richiesta di aiuto, di salvezza e come collante tra un padre e una figlia.
Ogni protagonista, interpretando ruoli diversi, è vittima di un proprio labirinto mentale dal quale prova ad uscire mettendo in atto delle dinamiche che aprono continuamente scenari diversi durante il film e che creano un intreccio che si chiarirà solamente nella parte finale.
Il regista affronta un’attenta esplorazione delle relazioni sociali di un quartiere, di una città ed infine di un’intera società, in cui la religione appare contemporaneamente ricerca di un senso e motivo di smarrimento e deriva, non essendo in grado di fornire né le risposte, né lo sperato sollievo alle negatività della vita, laddove la violenza continua a rappresentare la scelta prioritaria e più semplice per sfogare frustrazioni, traumi del passato e desideri irrealizzabili.
La stessa violenza si sintetizza in una chiave di lettura dell’intera trama che fa riferimento al labirinto; il labirinto sarà la chiave di volta di tutto l’intreccio cinematografico ma anche riferibile a ciascun protagonista.
Labirinto come struttura mentale e psicologica costruita in modo tale che risulti difficile per chi vi entra trovare la via d’uscita e nel quale è facile perdersi. Perdere sé stessi andando dietro a false convinzioni come Keller, che sarà schiavo della violenza perpetrata nei confronti di Alex e della sua vecchia dipendenza dall’alcool. Come il detective Loki, che si trova ingabbiato da un lato in un sistema federale che non tiene conto del suo ruolo dall’altro dal suo senso del dovere che fino ad ora lo ha portato sempre a risolvere ciascun caso assegnatogli.
Sia Keller che Loki sono imprigionati in questo labirinto al centro del quale si trovano le due bambine. E’ una continua lotta con le mura mentali del labirinto all’interno delle quali ogni personaggio lotta contro se stesso.
“L’unica cosa che sta tra te e la morte sei tu “ è una delle frasi all’esordio del film che non può svincolarsi dal concetto del labirinto e che racchiude a mio parere il messaggio del regista che non vuole proprio mettervi al sicuro, vuole farvi sentire il pericolo, lavorare sulle insicurezze, sulla follia assurda del male senza senso che può colpire in qualunque momento, il male che si nasconde dietro le tranquille case della periferia americana, l’indubbia impossibilità di essere al sicuro in un mondo sempre più folle.
Prisoners è un thriller enorme, avvincente e coinvolgente che tiene incollati alla poltrona dall’inizio alla fine e per nulla scontato. Un film che comunica più di quanto appare, la componente simbolica è sempre presente e dall’inizio alla fine anche lo spettatore si troverà a vagare all’interno di un labirinto per trovare la via d’uscita.
E chissà che alla fine del film anche lo spettatore stesso non si trovi immerso nel proprio labirinto.
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