Bisogna imparare ad accettare. Bisogna imparare a restare.

Recensione psicologica al film Figli (2020) di Giuseppe Bonito, con Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea. La sceneggiatura è stata scritta da Mattia Torre ed è tratta dal suo monologo “I figli invecchiano”.

Il film Figli racconta con semplicità e ironia cosa succede quando gli equilibri di una coppia sono messi alla prova e vengono sconvolti alla nascita del secondo figlio, un cambiamento non da poco, un’impresa da “supereroi”.
Al regista bastano una manciata di minuti per infrangere l’illusione della coppia unita e innamorata che ci viene presentata all’inizio del film, attraverso una narrazione efficace ed empatica dei piccoli e grandi problemi da affrontare nella quotidianità, che rischiano di far dimenticare perché ci si è scelti, perché ci si ama.
Forse i protagonisti non si accorgono nemmeno del cambiamento che sta avvenendo nella loro relazione, tra alti e bassi e mille ostacoli da superare, troppo presi ad incastrare doveri, impegni e responsabilità e con il costante sottofondo della sinfonia di Beethoven, che impedisce di fare ascoltare i desideri e i bisogni propri e quelli dell’altro.
L’amore e i sentimenti che li legano rischiano di essere soffocati dallo stress, dalla responsabilità, dalle frustrazioni, dalla stanchezza. C’è solo la rabbia, il risentimento, le incomprensioni.
Arriva poi il capitolo “Crisi”, necessario nella storia della coppia per restituire ai protagonisti la possibilità di ritrovare la loro propria identità di donna e uomo, per riscoprire la bellezza di alimentare e ricercare ogni giorno il sentimento che li lega, per sapere che si è in grado di rimanere insieme nonostante il bisogno, a volte, di scappare.
Si perché, anche nella realtà, buttarsi dalla finestra sembra l’unica via di fuga, l’unica soluzione, che offre la possibilità di scegliere qualcosa e qualcuno di nuovo.
L’ultima scena ci presenta Sara e Nicola durante la solita lite quotidiana.
Stavolta però, sono più forti perché hanno imparato ad accettare le loro debolezze, ansie, paure, e, partendo da queste, hanno scelto di restare.
Restare nella propria storia, restare ancorati a quello che si è scelto di essere, di desiderare, di costruire. Restare nelle crisi, nei problemi, nei limiti di sé e dell’altro, ricominciando dalle piccole cose, che hanno un sapore speciale, che sanno di buono perché fatte con cura, con amore, con attenzione.
Davanti alla finestra sempre spalancata ora si sceglie di restare, abbracciati, vicini.
L’importante è dirsi “ce la faremo”.