Segreti e bugie (titolo originale Secrets & Lies, UK, 1996). Regia: Mike Leigh. Interpreti principali: Brenda Blethyn, Timothy Spall, Phyllis Logan, Claire Rushbrook, Marianne Jean-Baptiste, Elizabeth Berrington, Michele Austin, Lee Ross.
Alla morte della madre adottiva Hortense, optometrista trentenne elegante e riservata, desidera conoscere la madre naturale. Una breve ricerca la porterà a contattare e poi a conoscere Chynthia, operaia sfiorita e semialcolizzata, che vive con la figlia Roxanne in una casa piccola e trascurata. La famiglia comprende anche Maurice, fratello di Chyntia, fotografo di successo sposato con Monica. La festa per il ventunesimo compleanno di Roxanne, alla quale Chynthia invita anche Hortense presentandola come una collega conosciuta in fabbrica, sarà l’occasione per far emergere tutti i segreti che ognuno aveva preferito custodire dentro sé fino a quel momento.
Film da camera con pochi esterni, ambientati nell’estate grigia dei sobborghi londinesi, disegna fin dall’inizio una giostra di rapporti improntati a sentimenti di rabbia e momenti di solitudine. La coppia borghese vive in una splendida casa, con letto a baldacchino, ma cova un risentimento sempre pronto a esplodere. La violenza verbale tra madre e figlia non conosce tregua e i tentativi di avvicinamento della prima sono frustrati dalle fughe al pub della seconda, tra fumo di sigaretta e birre scadenti. Hortense passa il suo compleanno da sola, leggendo un libro, e cercando di avvicinare una madre che non l’ha mai voluta guardare, neppure per un attimo.
Potrebbero essere infiniti i temi di riflessione: dalla ricerca delle proprie origini alle differenze sociali, dal timore del giudizio al bisogno di comprendere, dall’effetto farfalla di Lorenz (un battito d’ali in Brasile genera un tornado in Texas) al timore di vivere alla luce del sole le proprie presunte fallacie. E il ritmo del film, compassato e costante, denso di dialoghi e scontri spesso attutiti da fughe o silenzi, favorisce un ascolto profondo in chi al cinema desidera scoprire le tante declinazioni dell’animo umano.

I sentimenti non vengono sezionati e scarnificati, ma piuttosto narrati con una costanza quieta e a modo suo solenne, senza sconti da dedicare allo spettacolo o scorciatoie narrative. Il contrappunto a questo racconto sono le brevissime istantanee di vita che Maurice, con il suo lavoro di fotografo, coglie nei suoi clienti: pochi secondi durante i quali una postura, un gesto di ritrosia, un’impercettibile inclinazione del capo dei soggetti ritratti aprono mondi immaginifici: la coppia che mal si tollera davanti a un estraneo potrebbe aver litigato per una stupidaggine prima di entrare in studio, oppure soffocare con poca convinzione sentimenti di reciproco disprezzo. Chi ama il proprio cane ama un altro essere vivente o scappa dall’incapacità di affrontare i propri simili? La donna sfregiata da un incidente saprà mai ricominciare a vivere dimenticando l’attimo in cui un uomo di nessun valore ha rovinato il suo bellissimo volto?

Sono tutte domande senza risposta; o, al contrario, con tante risposte possibili quante sono le letture che ciascuno spettatore può dare delle vite altrui, filtrandole con l’ottica con cui conosce e interpreta la propria. Il fotografo non giudica, a lui è sufficiente un sorriso per illuminare il ritratto, o almeno uno sguardo attento verso la fotocamera. Non va oltre, perché il suo lavoro non lo richiede. Ma chi domani guarderà quella foto, in cui un volto o un corpo sono stati consegnati al futuro, avrà mille domande da farsi e altrettante risposte da cercare dentro di sé. Sarà difficile, quando una madre e un padre se ne saranno andati per sempre, ma sarà uno dei modi più semplici e sinceri per immaginarli dentro le proprie vite, combattere, vincere ed essere sconfitti, come è capitato ai genitori prima di loro e come accadrà ai figli, finché il mondo continuerà ad avere un senso.
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