SPESSO RIUSCIRE A PERDONARSI PUÒ SEMBRARE IMPOSSIBILE MA È NECESSARIO PER INTERROMPERE LA SOFFERENZA E RITROVARSI.

The Burning Plain – Il confine della solitudine è un film del 2008 di Guillermo Arriaga con Charlize Theron, Kim Basinger e Jennifer Lawrence

Storie diverse si intrecciano. Apparentemente separate, in realtà, nel corso del racconto emergerà quanto siano strettamente connesse. Sylvia vive e lavora a Portland in un elegante ristorante sul mare. È una donna disturbata e sola. La sua vita è grigia, come ogni cosa intorno a lei. Tutto, all’interno del film, infatti, trasuda solitudine. I turbamenti, il vissuto abbandonico, la malinconia, il vuoto,  la perdita, sono tradotti perfettamente in immagini. Perfino i luoghi sembrano essere del tutto privi di una qualche dimensione spazio-temporale. Nonostante possa apparire sprovvista di qualunque sentimento è evidente dai comportamenti di Sylvia, quanto sia grande in verità la sua sofferenza. È l’amante di un uomo sposato e ha rapporti occasionali con partner del tutto fortuiti. Sembra utilizzare il sesso per sedare il dolore, per non pensare e per colmare certe mancanze. 

Gina, invece, è una donna che vive in New Mexico insieme alla sua famiglia. È reduce da un cancro al seno e ha una relazione extraconiugale con un altro uomo, Nick, anche lui sposato. Un giorno, però, la figlia maggiore di Gina, Mariana, inizia a nutrire dei sospetti nei confronti della madre, fino a scoprire l’amara verità. 

Mariana tiene per sé la notizia ma, attraverso una serie di domande incalzanti, farà intuire a sua madre di essere a conoscenza di questo legame.

In un primo momento Gina sembrerà manifestare un pentimento tale da mettere fine al suo rapporto con Nick, ma non passerà troppo tempo prima che riprendano a incontrarsi. In fondo, dopo aver superato una terribile malattia, forse Gina non è disposta a rinunciare alla sua felicità, anche se questo implica privarne i suoi stessi figli. 

Durante uno dei loro incontri il caravan in cui erano soliti trascorrere il tempo insieme prende fuoco ed esplode. Gina e Nick perdono la vita e la loro relazione diviene nota a tutti. Per una serie di motivi questo episodio traumatico segnerà per sempre la vita di Mariana.

Cercare di comprendere ciò che ha provato, d’altronde, non è poi così difficile. Il tradimento, la dura malattia e l’abbandono reale ed emotivo della madre hanno di certo comportato l’impossibilità  per Mariana di vivere pienamente sia la sua fanciullezza che la sua adolescenza. Questa privazione, accompagnata da intense emozioni, rancori, colpe e angosce, ha fatto sentire Mariana in balìa degli eventi, senza avere a disposizione alcuna risorsa per poter elaborare e potersi liberare da determinati movimenti interni.

Dopo la scomparsa degli amanti, Mariana conosce Santiago, il figlio di Nick, e inizia tra loro una romantica ma contrastata storia d’amore. I due sono costretti a fuggire, Mariana rimane incinta e dà alla luce una bambina. A un paio di giorni dalla nascita, però, scappa, abbandonandoli… Proviamo a immaginare un po’ perché!? Insomma, dopo quanto le è accaduto, accettare l’idea di una maternità è qualcosa che le crea forti conflitti.  

Mariana e Santiago di fronte ad un falò.

Maria, la bimba, cresce con Santiago. Ha circa 13 anni quando lui ha un incidente e finisce in gravi condizioni in ospedale. Un amico di Santiago, Carlos e Maria partono allora alla ricerca di Mariana che nel frattempo si è trasferita e ha cambiato identità. In principio, sia la madre che la figlia non sono affatto felici di ritrovarsi, ma una volta superata l’iniziale titubanza cercano di instaurare un rapporto. 

“Ho passato la vita a scappare da me stessa ma adesso non posso più scappare”

Il suo passato è tornato a cercarla e Mariana è costretta a scontrarsi con tutto quel senso di colpa e ad affrontare se stessa. Si reca in New Mexico con loro. Durante una notte, sua figlia Maria le chiede se stavolta abbia intenzione di restare o se andrà nuovamente via. Mariana non risponde, la sua lotta interiore è grande. Rimane a riflettere. Trova una sua fotografia, di quando era ragazza. Santiago l’aveva custodita e incorniciata, la teneva lì, in casa. Questo le fa capire che dopotutto lui ci tiene ancora a lei, non l’ha dimenticata né prova un rancore incolmabile nei suoi confronti: l’ha perdonata.

La mattina seguente si recano in ospedale da Santiago. Mentre sono in macchina Mariana si rivolge alla figlia: “Potrai mai perdonarmi per essere sparita tutti questi anni? Me ne sono andata perché avevo paura che tu fossi come me e diventassi come me”. Stavolta è Maria a tacere e ad eludere la domanda della madre. Santiago si sta riprendendo, ha riacquistato conoscenza e possono visitarlo. Maria, colma di gioia, chiama Mariana per entrare insieme nella stanza. Quel gesto la fa sentire assolta. Le ritornano alla mente tanti ricordi, tanti momenti, tante scene, tutte legate alla solitudine e all’abbandono, ai momenti più tristi e a tutte quelle occasioni in cui qualcuno le ha voltato le spalle e quelle in cui è stata lei a farlo.  

Cosa succede a questo punto è meglio siate voi a scoprirlo. Come si concluderà il racconto?  E Sylvia, la donna di Portland? Cos’hanno in comune la sua vita e quella di Mariana?

Di certo entrambe sono vittime di una vita allo sbando, si sono ritenute indegne di poter essere felici, rifuggendo qualsiasi tipo di beatitudine. 

È vero che perdonare è considerato opera divina, noi esseri umani non ne siamo spesso in grado, specialmente se si tratta di perdonare noi stessi. Pensiamo di doverci punire, di dover espiare il male tramite una serie di penitenze che ci auto-infliggiamo, senza renderci conto che potremmo costringere anche altri a pagare per queste imposizioni. Dobbiamo liberarci dal male ma al contempo ne generiamo di nuovo. Per evitare di incappare in un circolo del genere, nulla è più prezioso di un aiuto esterno, specialmente se proveniente dalle persone che più amiamo o che pensiamo di aver ferito maggiormente. Proprio come il perdono e l’amore di Santiago e Maria rappresentano una funzione salvifica per Mariana.