The Man Who Surprised Everyone (Titolo Originale Čelovek, Kotoryj Udivil Vsech. Russia, Estonia, Francia, 2018). Regia: Natasha Merkulova, Aleksey Chupov. Interpreti principali: Evgeniy Tsyganov, Natalia Kudryashova, Yury Kuznetsov, Pavel Maykov.
Davvero davanti alla morte siamo tutti uguali? Esiste qualcosa di ancora più potente, capace di generare odio e disprezzo nei confronti di chi sta per morire? La pacificazione che si estrinseca nel dopo, i vari “era tanto buono” recitati tra i presenti già durante la messa di suffragio, e preceduti da frasi quasi d’obbligo durante gli ultimi giorni di vita, sono sempre rituali a cui non si sfugge?
Se chi sta per lasciarci dà scandalo, sceglie di non morire come ci si aspetta che faccia, ma anzi stravolge la sua immagine terrena e ne porge al mondo una del tutto inaspettata, chi resta è pronto ad accettare questa sfida accogliendola come un estremo tentativo di salvarsi?
Yegor Petrovich vive in un misero villaggio della Siberia con la moglie Natalia incinta all’ottavo mese, il figlio e il suocero. Lavora come guardia forestale nella taiga ed è un membro riconosciuto e rispettato della sua piccola comunità. Ma durante un controllo medico gli viene diagnosticato un tumore in uno stadio avanzato. Quando non può più nasconderlo alla moglie, le dice che non vuole aiuto e nemmeno che gli altri sappiano cosa sta succedendo; gli ultimi tentativi per opporsi a una sorte che sembra inarrestabile falliscono sia per la medicina ufficiale che per i riti sciamanici.
Solo una vecchia sdentata e alcolizzata, seduta insieme a lui su un tronco d’albero nel bosco, offre a Yegor un modo per ingannare la morte. E’ quello utilizzato dall’oca maschio Jambo che, narra la leggenda, quando la morte arrivò a prenderlo uscì in strada e si rotolò nella polvere, confondendosi così tra le tante anatre grigie. La morte fu ingannata e passò senza prendere ciò che si aspettava.
Yegor non scappa lontano come il soldato di Samarcanda, né ci gioca a scacchi come Antonius Block. Semplicemente la inganna diventando altro: una donna. Inizialmente si traveste di notte nel capanno dalla parte opposta dell’aia, senza che nessuno possa vederlo. Ma la moglie lo scopre, e non ricevendo risposta alle sue domande gli urla la sua rabbia e gli chiede di morire come tutti gli altri. Yegor sembra impermeabile a tutto e non ha paura né delle voci contro di lui e la sua famiglia, né della violenza che inevitabilmente questo cambiamento ha scatenato. Chiuso in un capanno nel bosco, Natalia lo raggiunge e torna ad accoglierlo, truccandolo con cura e pulendo il sangue delle sue ferite. La regia sceglie un taglio naturalistico, una semplice cronaca che i due protagonisti sanno restituire con intensità disegnando con maestria i contrasti tra chi non nutre più speranza e chi non vuole darsi per vinto. Il fondale, grigio e freddo, è costituito dal villaggio e dai suoi abitanti, con anime inspessite da una vita ingrata.

La donna, capace di procreare, può anche sconfiggere la morte? Questo apologo naturalistico, dove oche e maiali si alternano a rossetti e collant da poco prezzo in un villaggio di baracche fatiscenti, sembra indicare una possibile risposta nello stravolgimento dell’ordine e della tradizione. Ciò che deve accadere nell’ordine naturale delle cose può ancora essere rallentato o sconfitto? E con quali modalità, e a quale prezzo? Cosa siamo disposti a fare quando non c’è più alcuna speranza? Possiamo rimettere in discussione tutto ciò che le generazioni precedenti avevano dato per scontato?
La deriva del mondo di oggi ci racconta di difese ferree della tradizione: non significa solamente essere conservatori, ma rifarsi a un passato ideale, forse mai davvero esistito, in cui le cose stavano al loro posto, i fumi dei vicini non appestavano le nostre terrazze e per le strade si sentiva parlare solo la lingua che conosciamo. In punto di morte un ateo si convertiva, cercando una nuova strada che mai aveva praticato: per disperazione, convenienza o sincera convinzione, ma faceva parte dell’ordine delle cose, un ritorno alla casa di un padre che fino a quel momento non aveva voluto conoscere. Certo non si sarebbe mai vestito e truccato da donna, raggiungendo a piedi l’unica sala del paese dove la domenica si balla e ci si ritrova tutti insieme.

Nell’essere donna, nel suo sguardo sul mondo, risiede la speranza? O nell’essere osteggiati oltre ogni logica, porsi da soli fuori dal consesso dei propri simili, accettando botte e calci senza un lamento? Il film non offre risposte, ma descrive un percorso irrituale ed eccentrico, un cerchio capace di chiudersi con il ritorno della moglie dal suo uomo e il dono di una nuova nascita.
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