I nostri defunti, soprattutto quelli a noi più cari, bisogna lasciarli andare.

Ad un certo punto della nostra esistenza, vanno lasciati andare.

Si rischia altrimenti di rompere quel filo sottilissimo tra la vita a la morte che il dott. Augustus Landor stava anche Lui spezzando, su quella stessa rupe ghiacciata dove anni prima, davanti al Suo sguardo, si era gettata la figlia, oramai pazza.

Landor, invece, ha deciso solo di separarsi, intorno alla dolcezza algida del vento, dal nastrino bianco di quella amata e sfortunata figliola, bloccando l’inenarrabile dolore della sua atroce vendetta.

Perchè quest’ultima, comunque, non risuscita i morti, e soprattutto non è detto che plachi i viventi.

“The Pale blue eye -i delitti di West Point” del regista Scoot Cooper è un ottimo film gotico, permeato, coerentemente, da quella forte influenza poeiana che lascia solamente nelle ultime righe dei suoi romanzi il gusto orrido della sorpresa.

Non vi è solamente la sua impronta nel film, ma vi è anche Lui personalmente. Si proprio Lui, Edgar Allan Poe, nel periodo in cui si iscrisse (1830), all’Accademia militare di West Point, nella contea di Orange a New York, quale cadetto.

Qui incontra il Dr. Landor, famoso detective, incaricato dai vertici dell’Accademia di indagare su strane morti che stavano toccando i propri sottoufficiali, tutti accomunati dal macabro rituale dell’asportazione del cuore, o di altre parti del corpo.

Landor e Poe denotano ambedue una personalità schiva nei confronti degli altri e dello stesso sistema militare. Sono riservati, chiusi. E per questo confinati.

La misantropia di Landor, oltre ad essere giustificata dal suo stato di vedovanza, è aggravata dalla scomparsa improvvisa di sua figlia Mathlide, secondo la versione da Lui stesso diffusa.

E a questo affetto sconfinato nei confronti della bellissima Mathilde si accomuna la passione trascendentale, eterea, di Edgar Allan Poe verso Lea, la figlia del medico ufficiale, anch’essa sublime esteticamente, ma affetta da attacchi convulsivi.

Perchè sicuramente l’amore, il leit motiv dell’opera di Cooper.

L’amore nei confronti di donne stupende, sognanti e sognate, ma anche maledette, come Berenice, Morella, Ligea, le interpreti dei più bei racconti del poeta americano. Perchè nella storia di quelle e di queste due donne vie è sempre la presenza di accadimenti, o altri soggetti, che deviano la vita degli amanti mortali verso l’eternità amorosa.

E proprio perchè la realizzazione del sogno, ad un certo punto, diventa impossibile, che l’amore, non la morte, oltrepassa la finitezza, diventando eterno.

Mathilde e Lea sono agli antipodi. Violentata la prima, perfida la seconda, vestale di rituali satanici. Ma ambedue figlie di un destino avverso. Ambedue unite da quelle devianze psichiche, o fisiche, che sono una costante di Edgar Allan Poe. La bellezza non è mai sola, c’è sempre un elemento innaturale che le connota.

E sarà proprio la consapevolezza, ma anche la pietà, di Poe, nei confronti di Landor, cioè un uomo animato da identica passione, che aveva deciso di vendicarsi di quei tre cadetti che avevano stuprato la figlia portandola alla pazzia, che lo dispenserà, spontaneamente, dal denunciarlo.

Il film è molto interessante, anche perchè alla sua strutturazione gotica, di cui Poe è universalmente conosciuto come il principale ideatore, si affianca, sovrapponendola in molte parti, una narrazione poliziesca dotata di interpretazioni di alto livello.

Ma è proprio la figura di Edgar Allan Poe, abilmente interpretato da Harry Malling, che catalizza l’attenzione dello spettatore.

il confronto perdente verso l’alterigia ed arroganza degli altri caddetti che proiettano nella rigidità spesso aberrante della carriera militare le loro aspettative, consente l’emersione di un narratore sensibile, di un indagatore dell’animo umano, attentissimo ai particolari, lontano da formalismi concettuali ma nel contempo raffinato nelle sue spesso allucinate rappresentazioni, che attraverso la perfetta simbiosi tra la gestualità e uno sguardo timido ma acutissimo, spalanca nei nostri cuori l’essenza della poesia.