Potrei sintetizzare l’intera vicenda del protagonista del film The Wolf of Wall Street con una semplice frase: “quest’uomo non desidera niente”.
Prima però di arrivare a quella che sicuramente sarà la conclusione di questo breve testo provo a sintetizzare la trama del film. Com’è noto il regista è Martin Scorsese, il protagonista Leonardo di Caprio, un felicissimo connubio che ormai dura da diverso tempo. La storia è tratta dal libro autobiografico di Jordan Belfort, uno dei broker di maggior successo nella storia di Wall Street. È una storia vera, pensata e in parte scritta durante i tre anni di carcere e pubblicata nel suo libro che da anche il titolo al film. Jordan Belfort inizia la sua carriera come broker prima in una grande agenzia newyorkese e poi, dopo la crisi del 1987 (passata alla storia come il “Lunedì nero”), fondando la Stratton Oakmont insieme ad alcuni soci. Le pratiche utilizzate dalla sua società erano, nella maggior parte dei casi, illegali consentendo a Belfort e soci di guadagnare ingenti somme in pochissimo tempo.
Da questo momento in poi tutto il film è una descrizione dettagliata degli eccessi di Jordan che, con i suoi più stretti collaboratori e amici, non perde mai occasione per festeggiare un qualche evento nel quale sono sempre “scrupolosamente” presenti la cocaina, l’alcol, tante prostitute e soprattutto il “Quaalude”, un sedativo ad azione ipnotica.
La storia è raccontata in prima persona da una voce narrante che sembra sempre compiacersi delle sue grandi capacità di arricchirsi, manipolare le persone e il mercato. La linea di condotta che il protagonista seguirà per tutto il film è quella che impara da Mark Hannah, un eccentrico broker, suo capo, che durante una pausa nel suo primo giorno di lavoro gli impartisce le regole base di questo lavoro: «La tua unica responsabilità è mettere la carne in tavola. Regola numero 1: spostare i soldi dalla tasca del tuo cliente e metterli nella tua.
Tutto quello che facciamo non esiste, non tocca terra, non ha importanza, non è sulla tavola degli elementi, non è reale. Noi non creiamo un cazzo, non costruiamo niente. Quindi un cliente, che ha comprato un’azione a 8 che adesso vale 16, è uno stronzo felice. Vuole vendere, liquidare, prendere il suo malloppo e tornare a casa. Tu non glielo lasci fare se no la cosa diventa reale. Allora che fai? Hai un’altra idea brillante, un’idea speciale, un’altra situazione, un’altra azione per reinvestire i profitti e altri soldi, e lui così farà ogni santa volta. Perché diventano dei drogati. E tu continui a fare così, ancora, ancora e ancora… Nel frattempo lui crede di essere ricchissimo e lo è sui pezzi di carta. Ma io e te, i broker, portiamo a casa denaro contante, la nostra commissione mio caro imbranato.»
Apparentemente Jordan sembra un personaggio che ha come unico obiettivo la ricerca del piacere assoluto, la tendenza a godere della vita cercando di soddisfare tutti i desideri e le fantasie, soprattutto quelle più perverse che in parte albergano in ciascuno di noi.
Questo è l’inizio del film:
In realtà, come ho premesso in apertura, Jordan non ha desideri. Questo concetto viene espresso pienamente dallo psicoanalista francese Jacques Lacan che a tal proposito utilizza il termine “godimento” (jouissance) in opposizione a “desiderio”. Jouissance è per la Lacan la “perdita del limite”, che segue il declino dell’autorità paterna. Massimo Recalcati, seguendo questa idea legata all’assenza dell’autorità paterna, afferma: “Il soggetto senza inconscio è un soggetto senza Padre. Smarrito il desiderio, come scrive Lacan, vaga disperatamente in cerca o di oggetti di godimento che illudono di saturare la mancanza (come le droghe, la cocaina fra tutte, o tutte le forme moderne di dipendenza), o si congela in rassicuranti identificazioni solide, “a massa”, ululando nel branco dei lupi […]”. (Recalcati M., 2010).
È interessante come Jordan, in un momento di lucidità, si renda conto dei rischi legati ai suoi eccessi e cerchi di rimediare assumendo suo padre nel ruolo di controllo gestione spese. È un tentativo, evidentemente, di ricercare un limite attraverso l’autorità paterna. Purtroppo l’esperimento fallisce, il padre, apparentemente con una forte personalità, non riesce ad arginare gli eccessi del figlio, anzi in una scena molto interessante ne rimane anche un po’ sedotto: il padre chiede perché di questi eccessi e Jordan gli dice “sai le donne di oggi non sono come quelle dei tuoi tempi, si depilano anche lì sotto…”.
Il godimento, quindi, non è piacere, non è nemmeno desiderio, semmai l’opposto: sembrerebbe quasi una sorta di ricerca del dispiacere. Lo sviluppo di questa tendenza Lacan la rintraccia nel testo freudiano che ha dato avvio a questo che apparentemente sembrerebbe un paradosso, “Al di là del principio di piacere” nel quale Freud introduce il concetto di “coazione a ripetere” e di “istinto di morte”. Slavoj Žižek (2006) nel suo testo straordinario: Leggere Lacan utilizza una espressione molto azzeccata: “coazione a godere”. Jordan sembra cedere alla tentazione di una spinta verso l’annullamento totale, alla morte. L’unica possibilità di salvezza, che vogliamo anche noi come spettatori (che un po’ ci siamo identificati con lui), è che qualcosa o qualcuno lo fermi, ed infatti così avviene e direi: per fortuna!
Bibliografia
Freud S. (1920) “Al di la del principio di piacere”. In OSF. Bollati Boringhieri, Torino, 1989.
Lacan J. (1959-60) Il seminario, Libro VII. L’etica della psicoanalisi. Einaudi, Torino, 2008.
Recalcati M. (2010) L’uomo senza inconscio. Raffaello Cortina Editore, Milano.
Žižek S. (2006) Leggere Lacan. Guida perversa al vivere contemporaneo. Bollati Boringhieri, Torino, 2009.
iscriviti alla newsletter di cinema e psicologia!
PILLOLA AZZURRA NIENTE NEWSLETTER. PILLOLA ROSSA: VEDRAI QUANTO È PROFONDO IL SITO DI CINEMA E PSICOLOGIA
Riceverai direttamente al tuo indirizzo e-mail:
• Le liste dei film suddivisi per tematiche psicologiche
• Psico-Recensioni di film in uscita
• I prossimi eventi di cinema e psicologia
Grazie per la tua sottoscrizione!