Thelma (Norvegia, Danimarca, Francia, Svezia, 2017). Regia: Joachim Trier. Interpreti principali: Eili Harboe, Kaya Wilkins, Henrik Rafaelsen, Ellen Dorrit Petersen, Anders Mossling, Marte Magnusdotter Solem

Una bambina passeggia sul lago ghiacciato con il padre. Si fermano ad osservare alcuni pesci che nuotano sotto la superficie, poi entrano nel bosco; l’uomo vede un cerbiatto, alza il fucile e prende la mira. Poi, lentamente, lo sposta e lo dirige verso la bambina.
Arrivata a Oslo per frequentare l’università, Thelma fatica a fare amicizie: è molto timida, silenziosa, e l’unica persona con cui parla è la madre che le telefona tutti i giorni. I genitori la vanno a trovare, sono affettuosi e presenti, ma forse è questo loro affetto soffocante che le impedisce di aprirsi alla nuova vita lontana da casa. Un giorno, mentre studia in biblioteca, Thelma viene colta da un attacco epilettico. Le è vicina Anja, una ragazza che la aiuta e che incontrerà nuovamente qualche giorno più tardi. Tra le due nasce nel giro di poco un sentimento che Thelma non riesce però ad accettare: l’educazione cattolica tradizionalista e il pensiero della sua famiglia sono un freno potente, così come per l’alcol e il fumo.

Le crisi continuano, improvvise e sempre più frequenti, ma dopo alcuni approfondimenti clinici Thelma scopre che le convulsioni non dipendono dall’epilessia, ma più probabilmente dallo stress. Dal passato emerge un ricordo: all’età di sei anni Thelma, infastidita dal pianto continuo del fratellino appena nato, lo fa sparire dal box e riapparire sotto un pesante divano, mettendo a rischio la sua incolumità. I poteri di Thelma sono sempre più evidenti: durante le crisi si manifestano cali di tensione elettrica, gli animali impazziscono, e lei stessa immagina di rimanere bloccata dentro l’acqua della piscina, non riuscendo a risalire alla superficie perché un muro, come una lastra di ghiaccio, le impedisce di emergere.
Quando Anja scompare, considerandosi colpevole per quanto accaduto, Thelma decide di chiudere con gli studi e tornare a casa: lì il padre, dopo averla sedata, le racconterà cosa è successo tanti anni prima.
La camera dall’alto stringe lentamente l’inquadratura su una grande piazza quadrata. Tra centinaia di passanti, ognuno con la sua storia, inizia il racconto di quella di una ragazza magra, dimessa, apparentemente inespressiva, che lentamente prende coscienza di poteri che non ha scelto di avere e che sovente sfuggono al suo controllo. La pesante cappa cattolica non deriva da una tradizione familiare ma Gesù è un mezzo, al pari degli psicofarmaci e della rimozione, per affrontare un demone che è fuori dal controllo di Thelma e di chiunque abbia a che fare con lei: perché un desiderio anche solo accennato è sufficiente a creare una realtà. E la realtà costruita da Thelma è costellata di perdite, sparizioni, lutti, che il suo corpo riconosce con le convulsioni ma non riesce a dominare.

Difficilmente inquadrabile in un genere, il cinema di Trier ci racconta cosa accade al di là dell’esame di realtà: quali alchimie sorreggono i nostri sogni, e quali conseguenze possono generare. Il clima è freddo, i colori chiari, dalla neve dei boschi al ghiaccio del lago all’acqua della piscina; la natura impazzisce: uccelli si abbattono sulle finestre, o volteggiano minacciosi sulle persone, o entrano dal loro cavo orale, come i serpenti che avvolgono tra le loro spire la protagonista. Squarci di follia si insinuano nella realtà e l’amore appena nato sembra impossibile da far crescere, perché qualche demone soprannaturale ha deciso che non si può. Non sappiamo se queste forze oscure siano scatenate da una pulsione sessuale, e nemmeno se il segreto che la protagonista porta dentro di sé derivi da una tara familiare; sentiamo però, potente, l’impossibilità di essere normale e i tentativi -ora accennati, ora vigorosi, ma sempre calati dentro un equilibrio precario- che Thelma mette in atto per compensare questo suo dono-condanna.
Straordinaria per espressività, misurata eppure dirompente, Thelma giustappone la paura di vivere alla gioia piena di Anja e dei suoi vent’anni, da assaporare come prima vera finestra sul mondo. Sul filo di questa distanza si gioca il tentativo delle due ragazze di dare vita al loro amore.