L’EMPATIA FRA VAN GOGH E LA SUA COLLEZIONISTA, HELENE KRÖLLER-MÜLLER

Il museo Kröller-Müller ospita 88 disegni e 180 dipinti, raccontati nel film

Valeria Bruni Tedeschi incede a passo lento verso La chiesa di Auvers, uno degli ultimi soggetti che Van Gogh dipinse prima del 27 luglio 1890, quando andò nel campo di grano e, tra il sole violento e i corvi in volo, si sparò. Parte da qui il film del 2018 Van Gogh: tra il grano e il cielo, che racconta al contempo la vita di uno degli artisti più famosi del mondo e quella di Helene Kröller-Müller, la collezionista e fondatrice del museo dove sono conservati 88 disegni e 180 dipinti del pittore olandese. La regia è di Giovanni Piscaglia e la colonna sonora di Remo Anzovino, che ha curato anche le musiche, tra gli altri, di Frida, viva la vida e Hitler contro Picasso e gli altri. Il film, disponibile su Amazon Prime Video, racconta un tipo di empatia particolare: quella tra chi se ne va e chi, presto o tardi, s’innamora delle tele portavoci di una personalità immortale.

Figura 1 Vincent Van Gogh, “Campo di grano con volo di corvi” (1890)

Dapprima schizzi e disegni monocromi in Olanda, poi gli azzurri spiati dalla finestra del fratello Theo a Montmartre e i rossi scambiati con Henri de Toulouse-Lautrec; i cieli sereni e i campi aperti di Arles e d’improvviso gli obelischi egiziani che scolpiscono la Notte Stellata e, infine, Auver-sur-Oise con i campi di papaveri che diramano gocce vermiglie e saette bianche, dannate e ghiacciate che scrosciano in una danza burrascosa. Tutto questo fu Vincent Van Gogh e quando se ne andò, tra il grano e l’erica, le muffe e i sorrisi gelidi delle nuvole, era convinto di essere una nullità (aveva fallito come mercante d’arte e predicatore e, delle 800 tele, ne aveva venduta una sola). Era tormentato da un unico, costante pensiero: 

Voglio che qualcuno possa sentire profondamente, sentire con tenerezza oltre la mia rozzezza, o forse anche grazie a quella. Vorrei che qualcuno capisse quello che c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo “nessuno”

La prima a capirlo fu Helene Kröller-Müller, e senza di lei oggi non conosceremmo così bene Van Gogh. Ma chi era questa grande donna che per prima celebrò il culto di Vincent?

Figura 2 Kroller Muller Museum a Otterlo

Nacque in Germania, si sposò con Anton Kröller e divenne una grande collezionista (possedeva più 12 000 quadri). Un incontro casuale, mentre ascoltava una lezione d’arte del figlio, le cambiò la vita: scoprì Van Gogh. Sperimentò un’empatia perturbante per quell’anima che in vita non era mai stata apprezzata e per un momento si sentì come Stendhal e Baudelaire dinanzi a quelle statue antiche in grado di far perdere i sensi per la vertigine improvvisa di bellezza e sconvolgimento. Tra passato e presente, capì che avrebbe dovuto, da lì in avanti, prendersi cura di Van Gogh come nessuno aveva mai fatto con lui: 

Lo sentivo grande e, ciò nonostante, umanamente tenero. L’umanità è ciò che ci tiene legati. Se potessi descrivere tutto ciò che ho vissuto non ci sarebbe fine a questa lettera. Silenziosamente ho detto sì. 

Insieme al critico e pedagogo d’arte H.P. Bremmer, si mise alla ricerca delle opere dell’artista e nel 1938 aprì il Museo Kröller Muller a Otterlo (Paesi Bassi), che oltre a Vincent ospitava anche gli esponenti del Cubismo, del Futurismo e scultori quali Auguste Rodin. Helene morirà l’anno successivo e forse, andando via, dal suo Museo salutò Vincent, a cui non era mai stata così vicina. Insieme, gireranno per i corridoi bianchi ripercorrendo i disegni d’Olanda, i tetti di Parigi, le intrepide albe e i languidi crepuscoli provenzali e poi, infine, voleranno via. Ma stavolta non da soli.