L’amore inizia quando l’altro ti delude
(Non ricordo di chi sia la frase, però è bellissima)

Questi tre piani potrebbero essere associati alla tripartizione freudiana di Io, Es e Super-Io, ma prima di addentrarmi su questo faccio una piccola premessa e qualche riflessione sui temi che mi hanno maggiormente interessato del film.

Ancora non ho letto il libro di Eshkol Nevo da cui è liberamente tratto il film. È lì, sulla scrivania, in attesa che finisca di leggere un libro straordinario: “Le regole della casa del sidro” di John Irving. A proposito, dello stesso autore vi consiglio: “Il mondo secondo Garp”.

Dopo questa breve digressione letteraria, dicevo che devo fare una premessa fondamentale perché ho letto molte recensioni e commenti sull’ultimo film di Moretti, che fanno sempre (o quasi sempre) riferimento al testo; un confronto nel quale il film ne esce parecchio ammaccato!

Penso che non possiamo fare un confronto con il libro da cui è tratta la sceneggiatura di un film perché sono due forme artistiche molto differenti. In un testo, lo scrittore ha uno spazio enorme per tratteggiare i personaggi, approfondirli, creare degli intrecci anche molto lunghi e complessi. In un film, che si basa quasi prevalentemente su scene che si legano le une alle altre in un tempo che non può essere lunghissimo, lo sceneggiatore e il regista devono necessariamente operare una riduzione o concentrarsi su un tema piuttosto che su tutto ciò che il romanzo esprime. Un po’ come avviene nei sogni.

Posso, quindi, fare riferimento al film e solo a quello per decidere se mi è piaciuto o meno.

Ci sono diverse linee narrative nel film ma una, a mio avviso, è quella centrale, quella che lega tutti i personaggi, ed è: l’incapacità di perdonare.

Quello che accade in questi tre piani è la vita di persone normali che si ritrovano a fare i conti con degli errori, alcuni anche molto gravi. Ma sono esseri umani e non c’è nulla di così irreparabile se non la possibilità di perdonare se stessi e gli altri per ciò che hanno fatto.

L’incapacità di perdonare vuol dire incapacità di entrare in contatto con l’altro, con le sue debolezze, con le sue fragilità, incapacità di amare. Nel film di Moretti i suoi personaggi si ritrovano imbrigliati in spazi molto ristretti, una sorta di perimetro personale invalicabile, dal quale nessuno è disposto ad uscire. Ecco perché non c’è evoluzione in questi personaggi. Tranne per Dora (Margherita Buy), la moglie di Vittorio (Nanni Moretti), che in una scena bellissima, attraverso la segreteria telefonica, riesce a mettersi in un contatto vero e profondo con il marito, e dove finalmente può esprimere tutta la sua sofferenza ma anche tutto ciò che ha desiderato nella vita e di cui si è privata per seguire un marito rigido e pieno di regole.

Tre è il numero perfetto per complicarci la vita!

Nel 1923 Sigmund Freud scrive un testo fondamentale: “L’Io e l’Es” con il quale presentò il cosiddetto modello strutturale della mente. Quest’ultima venne divisa in tre istanze psichiche diverse: l’Es, l’Io e il Super-Io.

Questo film, ma sono sicuro anche il libro (e pur sempre un Ebreo l’autore), racconta proprio di queste tre istanze psichiche suddividendole sui tre piani del condominio.

Al piano terra vive Lucio (Scamarcio) con la moglie Sara. Lucio, come l’Es, è un personaggio istintivo, pulsionale, che non sa controllare le proprie emozioni.
Al secondo piano vive Monica (Alba Rohrwacher) con il marito Giorgio (Adriano Giannini), sempre assente per lavoro. È il piano del bisogno di adattamento ad una condizione familiare che cambia, si trasforma, un adattamento impossibile che sfocia nel delirio. Un Io che cerca una mediazione impossibile. Al terzo piano abita la legge, il Super-io, con Vittorio e Dora, due giudici con un figlio trasgressivo da domare!

Se volessi, metaforicamente, immaginare questo condominio borghese come l’interno della mente di un singolo individuo, vedrei tre piani, tre livelli, che non comunicano tra di loro. Ogni personaggio irrompe nella vita dell’altro, distruggendo qualcosa di prezioso, non c’è incontro ma sempre scontro, come nel bellissimo film Crash (1996) di Cronenberg, ma quella è un’altra storia, molto più potente.

Moretti racconta una bella storia ma con uno sguardo quasi neutro, tiepido, questa è la grande pecca del film. Anche i personaggi che in qualche modo provano ad avvicinarsi all’altro, a perdonare, lo fanno in modo rigido, quasi un “freddo perdono”, senza cuore.

Adesso mi leggerò il libro e sono certo che anch’io penserò che il film non gli renda per nulla onore!