Può la follia distruggere in un solo giorno la vita di un uomo apparentemente tranquillo?
Il protagonista del film del 1993 di Joel Schumacher, interpretato da Michael Douglas, è William “Bill” Foster, un uomo assolutamente ordinario intorno al quale si sviluppa l’intera narrazione. Licenziato perché non più idoneo, William perde il lavoro mentre vive una crisi con la moglie che non gli permette più di vedere la piccola Adele, sua figlia. Solo, provato emotivamente, assiste allo sgretolamento della sua vita.
Il film si apre con un’inquadratura in primo piano: la fronte sudata dell’uomo seduto in macchina, bloccato nel traffico della caotica Los Angeles. Fa caldissimo, mentre gli altri conducenti sbraitano per il nervosismo della lunga attesa, William improvvisamente abbandona l’auto intrappolata nell’ingorgo, prende la sua valigetta e si incammina, incurante di quello che sta accadendo intorno a sé, verso i quartieri periferici della città che diventeranno presto scenario di morte. Siamo nell’America anni ‘90, un uomo, con camicia bianca a maniche corte e cravatta nera, tre penne nel taschino, occhiali dalla montatura nera, incarna un impiegato come tanti, apparentemente tranquillo, che non desta sospetti ma in cui comincia a montare la follia a cui sta per dare sfogo.
La follia, un impulso improvviso e incontrollato, che nasce da un grave stato di tensione e che spinge a comportamenti violenti degenerando in un raptus incontrollato, e da cui deriva la parola folle, dal latino fŏllis,“sacchetto di cuoio gonfio d’aria”, uno strumento che serviva a produrre un soffio d’aria, proprio come la testa vuota di un folle, come quello che sta per accadere al protagonista del film.

L’apparente normalità di una giornata cominciata male porta al crollo psicologico di William, pronto a ribellarsi contro l’insoddisfazione della vita; non più capace di controllarsi, è l’artefice della propria distruzione in un crescendo di situazioni negative che mostrano lo sfaldamento del suo equilibrio precariamente tenuto saldo fino a quel momento. L’episodio scatenante sarà l’incontro con un commerciante coreano che si rifiuta di cambiargli delle banconote e che lo induce a distruggere il negozio con una mazza da baseball, una banale situazione genera in lui una reazione incontrollata che prende il sopravvento.
Subito dopo la sua ira si concentra sulle persone che incontra lungo il suo percorso e che lo porteranno a trasformarsi improvvisamente in un vero e proprio giustiziere, impassibile, spietato, armato di mitragliatrice che semina terrore ovunque. All’ennesima ingiustizia l’escalation di eventi è ormai inarrestabile, sono solo ostacoli che deve eliminare ad uno ad uno per poter proseguire lungo la sua strada.
Il punto di non ritorno è stato ormai superato, quello in cui è più conveniente proseguire…che tornare indietro. La follia ormai è innescata dai comportamenti della gente che incontra, è come se, in quel susseguirsi di eventi, non riesca a trovare nulla e nessuno dalla sua parte ma solo indifferenza, disuguaglianze razziali e sociali, egoismo, ingiustizie, specchio di una società americana che è cambiata e che sta degenerando insieme a lui.

William, ormai un assassino che gira libero per le strade della città, ha solo un desiderio, poter rivedere la figlia nel giorno del suo compleanno, Io cerco soltanto di arrivare a casa per la festa di mia figlia, e se nessuno si metterà sulla mia strada, nessuno si farà del male, così risponderà a sé stesso nel caos mentale che lo sta divorando. Ora non c’è più nulla da fare se non arrendersi al sergente Prendergast, nelle vesti di Robert Duvall, suo archetipo, simbolo di valori e di stabilità, che cerca nella scena successiva di aiutarlo e convincerlo a ritornare in sé, ma è troppo tardi, la caduta è irreversibile, ammettere di aver sbagliato non è nei suoi piani, sa che ormai ha perso tutto, anche sua figlia, e così non gli resta che naufragare nella sua follia espiando tutte le sue colpe.
In questo momento l’uomo che aveva seminato terrore nella città e che forse avrebbe continuato a farlo ancora, appare per l’ultima volta, con le sue fragilità, stremato, ferito, inerme, disarmato, un padre indifeso che non voleva fare del male a nessuno ma solo aggrapparsi, con rabbia folle, a quello che gli rimaneva di più caro nella vita.
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