La fuga di Esty dalla comunità di appartenenza chiusa e rigida, verso una Berlino cosmopolita, aperta ed accogliente, si tramuta in un vero e proprio percorso di crescita e di individuazione, tra appartenenza e separazione.
Una lettura sistemico-relazionale di un percorso di svincolo dalla famiglia d’origine, attraverso la mini serie ambientata in una comunità ebraico ultraortodossa.
La protagonista Esther Shapiro, detta Esty, è una giovane donna che appartiene ad una minoranza religiosa nella città di New York. Si affaccia alla vita adulta secondo le regole stringenti della sua comunità ebraica ultraortodossa, con un matrimonio combinato ed un destino già prestabilito: essere una buona moglie e madre e generare tanti figli per ridare vita al popolo ebraico, compito dei discendenti diretti delle vittime della Shoa.
Esty cresce con la nonna ed il nonno, gli zii ed il padre alcolizzato, convinta dell’abbandono da parte della madre; deve fare i conti con il suo ‘non essere come le altre’ perché ‘orfana’ o con il sentirsi ‘guasta’ perché la sua storia familiare non si conforma ai canoni della comunità di appartenenza, aspetto che aleggia come un’onta negativa, contribuendo a fare ricadere solo su di lei le colpe per un matrimonio che a distanza di un anno non ha portato ancora alla procreazione, unico dovere atteso dalle donne della società chassidica.
La relazione tra Esty e Yanki, collocata in un contesto culturale con le sue specifiche peculiarità, resta soprattutto un racconto di crescita di due giovani che si affacciano alla vita adulta e che, attraverso il matrimonio, intraprendono un percorso di svincolo, di separazione dalla propria famiglia d’origine per formare un nuovo nucleo familiare. Passaggio ostacolato da confini tra le generazioni familiari troppo diffusi, con continue ingerenze, che vedono i due giovani completamente inglobati e indifferenziati in quella massa dell’Io familiare-comunitario. Esty stessa s’impegna per rispondere alle richieste dettate dalla religione di appartenenza, perdendo sempre più parti di sé: dal taglio di capelli, alla rinuncia alle lezioni di pianoforte, ai dolorosi esercizi per favorire l’intimità con il marito.
Nonostante tutto la giovane donna continua a non risultare adeguata ai canoni della comunità, i cui confini diventano rigidi e quindi espulsivi nei confronti di Esty, come si era già verificato per la madre della protagonista.
La figura di Yanki appare flebile, incapace di esporsi, di prendere qualsiasi decisione, persino di
scegliere il regalo per la sua futura sposa. Non tenta minimamente di contrastare le ingerenze della propria famiglia, sordo alle richieste disperate di Esty: ‘Di a tua madre e a tua sorella di smettere di venire a controllarci!…Come facciamo ad avere un rapporto se c’è tutta la famiglia a letto con noi?’. Anche per lui il viaggio a Berlino, dove Esty è andata per farsi una nuova vita, sarà occasione di crescita, diventa capace di riconoscere per la prima volta Esty come individuo, con le sue passioni ed i suoi desideri di libertà; ma resta comunque troppo invischiato per lasciare il proprio nucleo familiare-comunitario, soffocante da un lato ma nel contempo rassicurante, che non consente di crescere.
La fuga di Esty a Berlino alla ricerca della propria strada, inizialmente appare come un taglio emotivo verso quella famiglia-comunità che la imprigionava e che la espelle nel momento in cui non si conforma e tenta di differenziarsi. La protagonista però, accolta da un nuovo gruppo di amici cosmopoliti e dalla spiccata apertura mentale, riesce a recuperare parte delle proprie radici grazie al rapporto con la madre che viene rinarrato, ricucito. E nel momento dell’audizione per entrare in una prestigiosa scuola di musica, emerge l’eredità affettiva lasciata dalla nonna alla quale la ragazza è molto legata. La giovane protagonista conquista quindi un nuovo equilibrio tra appartenenza e separazione, processo che accompagna ogni individuo per tutta la vita.
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