Verso il nord (titolo originale Spre nord, Romania, Francia, Grecia, Bulgaria, Repubblica Ceca, 2022). Regia: Mihai Mincan. Interpreti principali: Soliman Cruz, Nikolai Becker, Bartholome Guingona, Olivier Ho Hio Hen, Emmanuel Sto. Domingo, Alexandre Nguyen, Dimitar Vasilev
Due ragazzi con zainetto calciano una lattina su un ponte. Prima se la passano lentamente, poi entrano nello spirito di una partita vera e cominciano a correre, facendo la telecronaca con i nomi dei calciatori delle rispettive nazionali. Scopriamo così che uno è bulgaro e l’altro rumeno. Quella sera stessa si introducono clandestinamente nel porto di Algeciras, in Andalusia, e salgono di nascosto su una nave portacontainer con l’intenzione di raggiungere l’America.
Il clandestino bulgaro viene scoperto quasi subito e fatto sparire in mare. Il suo compagno viene trovato da Joel, un nostromo filippino molto religioso, che in pochi secondi deve scegliere se denunciarlo, condannandolo così a morte certa, o provare a nasconderlo. Dopo aver scelto di salvarlo, inizia a portargli da mangiare e da bere per i quattro giorni di traversata fino al Canada, condividendo con altri due colleghi filippini il proprio segreto. Gli ufficiali taiwanesi della nave sono senza pietà, racconta Joel a Dimitru, questo il nome del ragazzo, mentre i filippini sono buoni. Le conversazioni tra i due avvengono in varie lingue, sempre in condizioni di emergenza, in attesa di approdare alle coste del continente americano. Ma il capitano ha intuito qualcosa, e gli eventi sono destinati a prendere traiettorie incontrollabili.
La scia della grande nave, vista dall’alto, disegna una rotta dritta, certa, ma i frammenti schiumosi che la sfrangiano forse ci dicono a quale costo di adeguamenti continui questa linearità possa essere mantenuta.

Hanno ragione i taiwanesi, che comandano la nave e hanno il controllo totale sulla sorte dei clandestini e sul lavoro dei filippini? Hanno diritto a una possibilità, ancorché illegale, due ragazzi poco più che ventenni che si vogliono creare un futuro in un luogo che offra loro le opportunità che non hanno in patria? Hanno senso, e quale, le riflessioni dei filippini, consapevoli di mettere a rischio il proprio lavoro, e il pane per i propri figli, con la scelta di schierarsi dalla parte di un uomo mai visto prima e verso il quale non hanno alcun obbligo?
L’attendente del capitano, intuito qualcosa, racconta a Joel le opzioni di scelta che gli si presenterebbero se trovasse un clandestino a bordo. Quali conseguenze ci sarebbero per l’equipaggio, per l’attività stessa della nave, e per le loro carriere. Non si tratta, dice, di scegliere tra il bene e il male, ma di fare ciò che è giusto: il bene e il male possono variare a seconda di chi li vede, ma il giusto è giusto per tutti. Ma è proprio così? Una fede religiosa che spinge un uomo a salvarne un altro è sufficiente per correre un rischio così grande? O è forse la speranza di fare qualcosa di buono, o di una ricompensa futura, o di un semplice grazie da chi non conosci ma senti come fratello?
Ispirato a una storia vera avvenuta nel 1996 e trasposta inizialmente come dramma radiofonico, Spre nord spinge a una serie di riflessioni su quale sia il motore che genera le azioni degli uomini; e su quale complesso insieme di credenze, speranze, regole e imperativi morali si reggono le loro scelte, soprattutto se avvengono in una zona franca come quella della gente di mare.
In concorso nella sezione Orizzonti e il primo lungometraggio di finzione del documentarista rumeno Mihai Mincan, disegna il microcosmo di una nave commerciale in modo esemplare, senza scorciatoie o didascalismi e il labirinto etico ben rappresentato dallo schieramento dei container sul ponte della nave. Parlato in sei lingue e difficile da apprezzare in versioni diverse da quella originale, assembla un gruppo di attori eterogeneo in una vicenda che non può offrire risposte, ma solo interrogativi sui nostri bisogni più profondi, e su quali scelte possono favorire.
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